Oggi vi proponiamo l’intervista che abbiamo avuto il piacere di fare al Professor Alfonso Marini, docente di Storia Medievale presso l’Università di Roma La Sapienza. La sua ricerca si focalizza in particolar modo sulla storia religiosa del Basso Medioevo: dagli ordini mendicanti alla religiosità femminile nulla è sfuggito alla sua lente di storico. Si tratta inoltre di uno degli esponenti più illustri di quella corrente di studi che si occupa di analizzare la figura di San Francesco, il francescanesimo appunto, ed è a questo proposito che gli abbiamo posto le seguenti domande. Scoprite di più su questo personaggio storico e il mito che lo circonda!
Buon pomeriggio professore, innanzitutto la ringraziamo per averci concesso questa opportunità: è un onore poter far conoscere al nostro pubblico il suo lavoro. Iniziamo con la prima domanda, forse la più difficile di tutte: perché ha scelto di studiare Storia Medievale?
Innanzitutto grazie per la vostra presentazione, molto generosa.
La scelta della Storia Medievale fu un’illuminazione all’inizio dell’Università. Mi ero iscritto a Lettere nel fatidico 1968 orientato verso gli studi letterari o-artistici; a quel tempo c’erano alcuni esami obbligatori per tutta la Facoltà ed io decisi di togliermeli di mezzo facendoli per primi; tra quelli c’era Storia Medievale. L’illuminazione mi venne ascoltando le lezioni di Raoul Manselli, tra l’altro il primo anno furono proprio sulla povertà nel Medio Evo, con un seminario sul testamento di Francesco d’Assisi.
Lei si è occupato ampiamente di religiosità medievale maschile e femminile, ma in questo mare magnum spiccano i suoi studi su San Francesco: come mai ha deciso di dedicare al santo una parte così rilevante della sua ricerca?
Forse per l’imprinting del primo anno universitario, appunto con il corso e il seminario di Manselli. Ma nel clima generale del tempo l’interesse per Francesco era grande, non solo nel mondo cattolico, ed anche i francescani delle varie famiglie ne ricercavano i tratti originari per rinnovare il loro impegno nella società e verso gli ultimi. C’era un grande interesse per una figura in qualche modo da riscoprire. C’era appena stato il Concilio Vaticano II, c’era il ’68, c’era un clima di rifiuto o di profondo rinnovamento delle istituzioni. Francesco poteva ben apparire un antesignano di certe aspirazioni. Poi, per me, la ricerca storica ha confermato l’importanza della sua figura nel suo tempo.
Lei, ricordiamo, ha scritto un libro su San Francesco Francesco d’Assisi, il mercante del regno, Carocci 2015 (ristampa aggiornata 2019). Quale pensa sia stato il suo contributo nel diffondere la conoscenza del santo tra il grande pubblico?
Non voglio illudermi pensando che il mio libro abbia avuto larga diffusione. Ebbi subito varie interviste, per la carta stampata o online, una anche da un giornale brasiliano; varie recensioni anche su periodici non “scientifici” e risultai al primo posto in una classifica settimanale redatta da un docente universitario sul Corriere della sera. Nel 2018 le copie del libro erano quasi esaurite e concordai con l’editore una ristampa con alcuni aggiornamenti di carattere bibliografico. Tuttavia penso che la maggiore diffusione si sia avuta tra i miei studenti, sia quelli che hanno dovuto preparare l’esame anche su questo libro, sia quelli che mi seguivano più da vicino ed erano interessati ai miei studi. Alcuni studenti esaminandi hanno manifestato un grande apprezzamento, ma non pochi non hanno compreso l’impostazione storica del libro e quanto fosse fondamentale l’analisi delle fonti.
Siamo abituati a pensare a San Francesco come a un rivoluzionario, a un uomo che ha saputo tenere testa a papi e sultani; dal suo punto di vista, di storico e appassionato, fu effettivamente un uomo eccezionale o un uomo del suo tempo?
Fu un uomo eccezionale proprio perché molto inserito nel suo tempo. Cioè il suo slancio innovatore (chiamiamolo pure rivoluzionario) ebbe un grande seguito perché nato dalla comprensione delle esigenze degli uomini e delle donne del suo tempo, che portò a nuove e concrete realizzazioni, accettando anche alcuni compromessi con le autorità ecclesiastiche, alle quali restò sempre legato, ma con coscienti spazi di autonomia.
San Francesco è uno dei personaggi più conosciuti del Medioevo, è una figura carismatica. A suo parere, perché, ancora oggi, ne rimaniamo affascinati?
Arriviamo alla parte più difficile dell’intervista, poiché andiamo al di là del mio campo storico di competenza, nel quale posso parlare con un minimo di protezione. Innanzitutto, come è detto nella domanda, Francesco è una persona che ancora oggi affascina o comunque attira l’interesse, basti pensare ai film ed anche agli sceneggiati televisivi che sono stati fatti su di lui e che – a quanto ne so – sono ulteriormente in preparazione. La domanda è dunque: perché?
Abbiamo detto che è stata una persona innovativa o rivoluzionaria nel suo tempo e questo è un aspetto che colpisce sempre: un uomo in grado di spingere verso il futuro. È stata una persona assolutamente coerente con ciò in cui credeva e che predicava, fino alle estreme conseguenze. Ha compiuto gesti che sono rimasti nel tempo. È autore di quello che è il primo componimento letterario di un certo peso della letteratura in volgare italico e che è anche una bellissima preghiera.
Ovviamente alcuni suoi aspetti sono stati enfatizzati dalla mentalità del nostro tempo e da alcuni movimenti culturali o politici, ma esiste la base da cui sono partite queste enfatizzazioni o esagerazioni (soprattutto all’occhio dello storico, che però non può rimanere strabico soltanto sul periodo che studia). La grande attenzione ai problemi della povertà nel mondo e la dedizione di tanti volontari, credenti e no, al servizio degli emarginati ha una solida base in Francesco, pater pauperum come scrive un suo biografo. L’interesse degli ecologisti – e la sua proclamazione a patrono dei cultori di ecologia da parte di Giovanni Paolo II – parte dal grande amore del santo per tutte le creature, animate e inanimate (nel Cantico di frate Sole ci sono soltanto le inanimate); gli eccessi sono nel fare di Francesco, ad es., un vegetariano, o nel dimenticare che lui non parla di “natura”, ma di creature, che hanno quindi un creatore. Infine di Francesco si fa un antesignano dell’apertura alle altre religioni, in particolare all’Islam, un fautore del dialogo, e ciò parte indubbiamente dalla sua andata libera e spontanea dal Sultano Malik al-Khamil nel 1219, nel corso della quinta crociata; c’è un dibattito tra gli storici sul motivo di questa andata e sull’atteggiamento di Francesco verso la crociata, ma indubbiamente il suo gesto fu di grande importanza e risonanza già nel suo tempo, anche se soltanto da parte cristiana, dato che per i musulmani e in particolare per Malik il confronto con altri credi e il dibattito filosofico erano abituali
Non dimentichiamo – per restare ad una prassi anche familiare che dall’Italia si è oggi diffusa in tutto il mondo – che la diffusione del presepe si fa risalire al 1223, quando Francesco a Natale realizzò a Greccio una sorta di sacra rappresentazione della Nascita; non era proprio un presepe nel senso delle statuine, ma la sensibilità verso la vita e la morte del Salvatore fu quella che portò a riviverne in vario modo i momenti fondamentali.
Secondo lei qual è stato il contributo maggiore dato da San Francesco al suo tempo? E al nostro?
Cominciamo dal nostro tempo: la risposta sta in tutto quanto è stato detto nella risposta precedente. Ma aggiungiamo almeno la forza della testimonianza di frate Francesco, che ha portato l’attuale papa a prendere per primo il nome di Francesco e a scrivere un’enciclica sulla difesa del creato (ma soprattutto dei poveri, contro le ingiustizie dell’attuale economia) dal titolo Laudato si’.
Un contributo dato dal santo al suo tempo è stato quello di modificarne la sensibilità religiosa, ponendo al centro della spiritualità non il Cristo trionfante, ma quello nato povero e nudo e morto nudo e crocifisso, facendone un Dio più vicino ed anche un modello da seguire, per quanto possibile; sembra superfluo aggiungere che ciò era secondo il vangelo, anche se non secondo la predicazione del suo tempo. Da ciò una serie di modifiche anche in alcune prassi politiche, soprattutto delle città italiane, successive alla sua morte, grazie all’Ordine dei Frati Minori che da lui si è generato, anche se con notevoli modifiche rispetto all’intuizione originaria del fondatore. Ad es., nella prima metà del Trecento i francescani fondarono la Custodia di Terra Santa in territorio ormai totalmente musulmano, sviluppando buoni rapporti con l’Islam. Utili anche ai pellegrini cristiani.
Infine – non è un elemento secondario nella storia medievale – i Minori, come i Domenicani ed altri ordini di minor diffusione, furono una novità dal punto di vista canonico, poiché questi ordini furono detti mendicanti, non monastici, cioè non chiusi in monastero, e senza rendite fondiarie, ma aperti al contatto con i fedeli, itineranti, frequentatori degli studi universitari, che dovevano vivere delle offerte dei fedeli, almeno inizialmente. Furono un grande appoggio per il papato e la Chiesa, anche nella lotta antiereticale, nella quale – prima di entrare nell’inquisizione – funzionava primariamente il loro esempio di fede e povertà evangelica. L’esempio era fondamentale per Francesco.
Chiudiamo l’intervista con una domanda molto impegnativa: a suo parere possiamo ancora imparare qualcosa da San Francesco? È ancora utile studiare il Medioevo, anche se è un periodo così distante e diverso dal nostro?
Anche qui inizio dalla seconda parte della domanda: il Medio Evo è un periodo ricchissimo ed anche estremamente vario al suo interno, dato che convenzionalmente si fa durare un migliaio di anni dalla metà del primo alla metà del secondo millennio. Per lo storico non possono esserci dubbi sull’utilità di studiare il Medio Evo, poiché tutta la storia umana è oggetto di interesse e di approfondimento critico, cioè di conoscenza. Per uomini e donne del nostro tempo, non storici di professione, lo studio è utile perché la conoscenza del presente e la coscienza di sé e della propria società dovrebbero dipendere dalla conoscenza del passato, comunque esso sia stato. Ma dobbiamo aggiungere con forza che il Medio Evo non è relegato soltanto nei nostri ricordi di Italiani e di Europei, molte cose ce lo rendono presente, se non attuale. Si pensi ad es. ad un’istituzione come la corona britannica o a quella del papato, che proprio nel Medio Evo ha avuto lo sviluppo in senso universalistico. La teologia e lo studio del diritto in senso moderno hanno avuto origine nel Medio Evo, in quelle università che sono nate nel XII secolo (Bologna rivendica la sua origine all’XI). Le città italiane ed europee sono costellate di chiese, cattedrali, castelli, palazzi pubblici, pietre che stanno in piedi dai secoli medievali (e che l’incuria contemporanea rischia di mandare in malora). Non so, direi: chi più ne ha, più ne metta. Ovviamente anche in varie tradizioni religiose e cittadine, dal palio di Siena ai ceri (la “macchina”) di santa Rosa a Viterbo al calendimaggio assisano, giocano cose che hanno modificato gli usi medievali, tanto che oggi molti studi analizzano i “medievalismi”, cioè le reinvenzioni del Medio Evo, non soltanto nel nostro secolo. Ma, insomma, in un modo o nell’altro il Medio Evo non è poi così distante da noi.
Passiamo alla prima parte della domanda. Il nostro tempo avrebbe molto da imparare da frate Francesco, innanzitutto l’umiltà, la moderazione, la frugalità, la capacità di rinunciare a ciò che è male e che fa male, l’essenzialità. Come si vede, ho iniziato dagli aspetti più prettamente personali e religiosi, che sono il punto di partenza dell’esperienza del santo e che tanto bene farebbero alla vita dei singoli e ai rapporti interpersonali del nostro tempo. Degli aspetti di carattere sociale se ne è parlato sopra, ma è troppo facile constatare che, se c’è chi può esasperare alcuni tratti di Francesco in senso attualizzante, c’è chi si pone totalmente in altra dimensione. Ci sono ecologisti ma ci sono molte persone non fanno altro che sprecare i beni e inquinare il pianeta; ci sono sostenitori del dialogo, non soltanto tra le religioni, ma ci sono sostenitori della violenza, dello scontro armato, dell’annientamento dell’avversario; ci sono persone aperte all’accoglienza, ma ci sono persone chiuse nel loro particolare, non soltanto nei riguardi degli immigrati. E così via. Per fortuna oggi la Chiesa cattolica, che seppe accogliere nel secolo XIII Francesco ed il suo modo di vita (intervenendo a modificarlo, ma non annullandone molti tratti caratteristici), a partire da papa Francesco si trova nei primi gruppi delle contrapposizioni precedenti.
Sì, avremmo ancora molto da imparare da Francesco.
Alla fine di un’intervista, resta sempre un dubbio all’intervistato: non avrò dimenticato qualcosa di importante nelle mie risposte?
Eleonora Morante, Giulia Panzanelli