Nel suo viaggio ultraterreno Dante incontra numerosi personaggi, tra essi compare anche Muhammad, il profeta dell’Islam. Nato a Mecca intorno al 570 e morto a Medina nel 632, egli è relegato nel primo dei tre regni dell’Oltretomba, precisamente tra i seminatori di discordia e di scisma.
Quali conoscenze ha Dante della fede islamica? E perché colloca il suo fondatore nell’Inferno e altri noti musulmani nel Limbo?
Leggiamo il noto passo della Commedia, vv 22-33, canto XXVIII
Già veggia, per mezzul perdere o lulla,
com’io vidi un, così non si pertugia,
rotto dal mento infin dove si trulla.
Tra le gambe pendevan le minugia;
la corata pareva e ’l tristo sacco
che merda fa di quel che si trangugia.
Mentre che tutto in lui veder m’attacco,
guardommi, e con le man s’aperse il petto,
dicendo: «Or vedi com’io mi dilacco!
vedi come storpiato è Maometto!
Dinanzi a me sen va piangendo Alì,
fesso nel volto dal mento al ciuffetto.
In queste terzine Dante incontra il Profeta dell’Islam (leggete il nostro “L’Arabia Preislamica“) nella IX Bolgia dell’VIII Cerchio infernale. Qui i seminatori di discordia e scisma, ossia coloro che hanno provocato divisioni in campo politico, religioso e sociale sono condannati a subire le torture di un angelo armato di spada. Muhammad avanza verso Dante e Virgilio mostrando loro una ferita che lo lacera dal mento sino all’ano.
Il cuore e lo stomaco sono ben visibili, e le interiora gli pendono tra le gambe. Questa è la spaventosa punizione divina che il fondatore dell’Islam deve scontare per aver provocato una scissione in seno alla comunità dei credenti.
La collocazione di Muhammad nell’inferno è particolarmente significativa, perché rispecchia una visione ampiamente condivisa tra i cristiani medievali. Essi sono sconcertati da una religione monoteistica in cui riconoscono un Dio unico e diverse figure delle Sacre Scritture, ma essi si mescolano a liturgie e personaggi totalmente estranei.
La mancanza di informazioni autentiche e fonti dirette sull’Islam contribuiscono infatti alla creazione e alla diffusione di un’idea distorta di questa religione, che di fatto viene percepita come un’eresia del Cristianesimo.
Dante però non si limita a classificare il Profeta come eretico, difatti, non lo colloca nel VI cerchio, dove le anime sono punite per la loro fede corrotta. Lo relega invece nell’VIII Cerchio perché la sua fede “deviata” non ha avuto conseguenze solo su stesso, ma anche sugli altri. Dante fa riferimento alle numerose conversioni che il califfato omayyade prima e abbaside dopo hanno provocato in Asia sud-occidentale, in Africa settentrionale e nella penisola iberica.
Un altro aspetto interessante riguarda la minuziosa descrizione della punizione inferta contro Muhammad. Egli viene raffigurato con il petto squarciato e gli organi interni in mostra e ci invita a diverse riflessioni. La prima è che il Sommo poeta dimostra una buona conoscenza della medicina e dell’anatomia.
La seconda è che nel XIV secolo le autopsie venivano eseguite solo su prigionieri, prostitute e persone senza identità. Paragonando dunque il Profeta a un cadavere sottoposto ad autopsia, Dante associa Muhammad a coloro i quali portano il distintivo della vergogna. Il suo disprezzo nei confronti del Profeta è confermato dal linguaggio oltremodo volgare e crudo utilizzato in questo passaggio.
Nel Canto XXVIII appare un’altra importante personalità della tradizione islamica, è Ali ibn Ali Talib, cugino e genero di Muhammad. Ali è il quarto successore del Profeta e l’ultimo dei califfi cosiddetti Ben Guidati (dall’arabo rāshidūn). Ali presenta una ferita complementare a quella del fondatore dell’Islam che lo squarcia dalla fronte al petto. La sua colpa è quella di aver creato un’ulteriore spaccatura all’interno della comunità dei credenti, poiché la sua morte aveva provocato una guerra civile e l’ascesa al potere del califfato Omayyade a Damasco, nonché il principio della scissione tra sunniti e sciiti.
Muhammad e Alì, però, non sono gli unici musulmani che Dante incontra nel suo viaggio. Sebbene la sua visione rispetto all’Islam sia negativa, egli mostra il suo apprezzamento per tre personalità musulmane collocandole nel Limbo. Nel canto dell’Inferno, le anime dei noti filosofi Averroè e Avicenna e del valoroso comandante Salah al-Din – noto in Occidente come Saladino – sono ospitate nel nobile castello degli “spiriti magni”.
Ma quali conoscenze aveva il Poeta dell’Islam?
La presenza di personalità musulmane all’interno della Commedia è la dimostrazione del fatto che Dante conosca la religione islamica, seppur in maniera non approfondita. Ma non finisce qui. Molti studiosi, infatti, concordano sul fatto che il capolavoro di Dante abbia tratto ispirazione da alcuni testi della tradizione islamica.
Tra queste fonti appare il Corano, che al primo versetto della sūra XVII, recita: “Gloria a Colui che rapì di notte il suo Serbo [Muhammad] dal tempio sacro [della Mecca] al tempio più remoto [di Gerusalemme] del quale Noi abbiamo benedetto il recinto, per mostrargli parte dei Nostri segni”. Il versetto di questa sura, intitolata “Il viaggio notturno”, fa dunque riferimento a un viaggio intrapreso dal Profeta da Mecca a Gerusalemme. Questo va a combinarsi con la tradizione orale islamica del VII-VIII secolo, che narra il racconto del mi’rāj (dall’arabo ascensione/scala) che tratta dell’ascensione di Muhammad attraverso i cieli fino al trono di Dio e poi all’inferno.
È l’arabista spagnolo Miguel Asìn Palacios a sostenere per la prima volta, nel 1919, che il viaggio nell’aldilà narrato nella Commedia sia collegato alla tradizione islamica, oltre che a quella cristiana ed ebraica. La tesi di Asìn Palacios, inizialmente respinta da gran parte dei dantisti, trova una conferma nel 1944 quando viene resa nota una traduzione latina del “Liber Scale Machometi” risalente al XIII secolo, dalla quale Dante avrebbe potuto attingere.
Il Liber Scale (in arabo kitāb al mi’rāj) è un testo escatologico arabo-ispanico che racconta il sopracitato viaggio notturno compiuto dal profeta dell’Islam a Gerusalemme in direzione del Paradiso e la sua successiva visita nell’oltretomba. Sebbene sia complicato ricostruire con certezza le fonti alle quali Dante abbia fatto riferimento per creare il suo capolavoro, è interessante sottolineare i numerosi aspetti che le tre religioni monoteistiche maggioritarie condividono.
In conclusione, la visione di Dante sull’Islam riflette le credenze religiose cristiane del XIV secolo e mette in evidenza un forte sentimento anti-islamico. La nuova fede, che nasce nel VII secolo, viene accolta dai cristiani come un’eresia del cristianesimo. Questa convinzione costituisce il principio delle false rappresentazioni e delle parodie sull’Islam e sui musulmani che persistono per tutto il Medioevo, fino ad arrivare ai giorni nostri.
Nota terminologica: la scelta di utilizzare il nome arabo Muhammad, (in arabo “il lodato”) vuole essere una forma di rispetto nei confronti delle persone di fede islamica. Poiché la traduzione italiana Maometto, seppur ampliamente utilizzata, secondo alcuni deriverebbe dalla storpiatura – con evidente intento dispregiativo – di Malcommetto.
Jessica Pulsone
Per approfondire:
CAMPANINI MASSIMO, Dante e l’Islam, L’empireo delle luci, Edizioni Studium, Roma, 2019.
LONGONI ANNA, (a cura di), Il Libro della Scala di Maometto, Rizzoli Libri, Milano, 2013.
THOMAS DAVID; MALLETT ALEX, Christian-Muslim Relations. A Bibliographical History, Volume 4 (1200-1350) Brill Academic Publishers, Leiden, 2012.
THORNTON PETER, (translation by) The Inferno: A New Verse Translation, Arcade Publishing, New York, 2017.
VENTURA ALBERTO, (a cura di); ZILIO-GRANDI IDA (traduzione di), Il Corano, sūra XVII, versetto I, Mondadori, Cres, 2010.