La Sardegna nell’orbita del dominio dei Vandali

Con la progressiva crisi e la successiva dissoluzione politico-istituzionale dell’Impero Romano d’Occidente (476 d.C.), le popolazioni nomadi e seminomadi di etnia germanica, già in stretti rapporti politico-militari con Roma, si insediarono in modo stanziale, a seguito della grandi migrazioni, in varie aree dell’Impero. In particolare, i Vandali, dopo aver attraversato il continente europeo dai confini orientali dell’Impero sino al meridione della penisola iberica, avrebbero passato l’attuale stretto di Gibilterra, insediandosi nella provincia d’Africa, alla quale afferiva anche la Sardegna. Nel 455, sotto il re Genserico (428-477), le flotte vandale sarebbero giunte ad attaccare la stessa Roma, già sottoposta a saccheggio dai Visigoti di Alarico nel 410. I Vandali avrebbero instaurato un duro dominio sul Nordafrica, trasformando i cives romani in popolazioni servili. Sul piano religioso, coloro che non si convertivano alla fede ariana venivano deportati nel deserto oppure, come si è già visto, proprio in Sardegna.

Entrata dunque nell’orbita del dominio vandalo, la Sardegna, più che per il controllo politico, si sarebbe rivelata un territorio importante per l’accesso alle risorse agricole e minerarie locali. Non si dimentichi, inoltre, la strategicità dei porti sardi: quello di Olbia sarebbe stato non a caso distrutto proprio in occasione di un attacco vandalo. Dal punto di vista amministrativo e del tessuto sociale non vi furono invece particolari mutamenti, data anche la relativa brevità del dominio dei Vandali, la cui egemonia sull’isola non aveva interrotto le correnti commerciali e i rapporti con le altre aree del Mediterraneo.

La Sardegna nell’orbita del dominio greco-bizantino

Nel 533 l’imperatore d’oriente Giustiniano (527-565) diede avvio alla riconquista della provincia d’Africa. Il governatore vandalo della Sardegna, nel tentativo di mantenere la propria autorità, si sarebbe proclamato indipendente, dichiarandosi suddito dell’Impero d’Oriente. Nondimeno, a seguito di uno sbarco in Africa, guidato dal generale Belisario, i Vandali furono sconfitti e fu riaffermato, anche in Sardegna, il dominio greco-bizantino in quanto riferimento imperiale. Del dominio vandalo sarebbero rimaste invece poche tracce: alcuni manufatti e delle serie di tombe in diverse località dell’isola. La Sardegna entrò dunque a far parte, a livello politico-amministrativo, dell’Esarcato d’Africa, con sede a Cartagine.

La struttura politica e militare dell’isola venne riorganizzata sul modello orientale, nelle figure di due funzionari imperiali, tipiche dell’organizzazione politica bizantina dell’Italia meridionale: il praeses, governatore civile insediato a Karales (Cagliari), e il dux, comandante militare di stanza a Forum Traiani (Fordongianus). In momenti eccezionali, l’autorità civile e quella militare venivano fatte confluire in un’unica figura, sinché, alla fine del VII sec., anche a seguito delle sempre più frequenti scorrerie delle flotte arabe, tale unione delle cariche pubbliche sarebbe divenuta definitiva sotto la figura dello iudex provinciae, altrimenti definito àrchon o princeps.

Queste autorità avevano anche dei propri archivi. Nei pressi delle chiese di San Giorgio e San Salvatore di Sinis (presso Oristano) sono stati ad esempio reperiti vari sigilli plumbei dell’VIII-IX sec. con legende in greco, oggi conservati presso l’Antiquarium Arborense di Oristano, pertinenti a documenti emanati dalle autorità bizantine. Nel cagliaritano, ad Assemini, sono state invece ritrovate delle iscrizioni che testimoniano come le élite politiche e religiose parlassero greco, in quanto funzionari (comandante militare e comandante civile) appartenenti a famiglie vicine all’imperatore, o comunque a gruppi dirigenti dell’impero orientale. Ancora nell’XI sec. i primi documenti pervenuti inerenti ai possedimenti patrimoniali della Chiesa cagliaritana furono redatti in volgare sardo-campidanese, ma in caratteri greci.

San Giovanni di Sinis

L’influsso e la tradizione orientale in Sardegna

L’influenza greco-bizantina si sarebbe dunque radicata nella tradizione culturale sarda, in alcuni casi con echi sino ai giorni nostri. Basti pensare all’antico calendario, facente riferimento al ciclo annuale dei lavori agricoli, che, sino all’età sabauda (XVIII sec.), iniziava, come quello bizantino, nel mese di settembre (Cabudanni). Nell’ambito della tradizione culinaria, tutta una serie di dolci, quale il pane di sapa (su pani e’ saba), prevedono un processo di lavorazione, dolcificazione e preparazione del vino legato a una ritualità afferente al mondo religioso greco-bizantino, senza dimenticare l’introduzione dell’uva moscato, del melograno, dei fichi, della coltura del gelso e dello zafferano. Lo stesso si dica per l’ambito toponomastico e onomastico, soprattutto nei paesi del Campidano: toponimi quali Villagreca; nomi, oggi meno frequenti, quali Cleofe, Teofrasto e Anacleto.

A questa cultura e tradizione politica e linguistica greca, radicatasi in Sardegna a partire dal VI sec., va aggiunta anche quella religiosa e agiografica, col culto di santi della consuetudine eremitica orientale e del rito greco-bizantino: ancora oggi si festeggiano sant’Isidoro, patrono dei contadini, nonché san Costantino e sant’Elena. In ogni paese, soprattutto pastorale, non mancano le chiese e i culti di san Michele, san Giacomo, san Teodoro, sant’Anastasìa. In età bizantina vi fu, del resto, una stretta compenetrazione fra le autorità religiose e le autorità politiche, le cui élite erano spesso imparentate.

In questi secoli si svilupparono alcuni insediamenti monastici di tradizione basiliana, legati a siti rupestri e a ville agricole, che avrebbero dato un ulteriore contributo all’evangelizzazione dell’isola. La Chiesa sarda si legò a quella di Bisanzio nei riti, nei costumi e nella tradizione liturgica, mentre la stessa architettura aveva come modelli quelli orientali: alcune antiche chiese campestri sarde di età bizantina, seppur fortemente rimaneggiate, presentano tutt’oggi una caratteristica pianta a croce greca e strutture quali l’iconostasi, la parete divisoria che separa la navata dall’area presbiteriale. Ad ogni modo, tra il VI e il VII sec., le lettere del papa Gregorio Magno (590-604), oltre a tentare di rivendicare il primato nell’isola della Chiesa romana su quella greca, testimoniano la persistenza di riti e tradizioni pagane presso i territori interni della Barbagia, meno popolosi e non sottoposti all’autorità bizantina.

Sant’Elia di Tattinu

L’espansione araba e il progressivo distacco da Bisanzio

Nella prima metà del VII sec., dopo la morte del profeta Maometto (570-632), sarebbe iniziata la straordinaria espansione politica e militare degli eserciti arabi, che andò a spezzare l’unità dei territori bizantini, sia nel Medioriente, sia in Nordafrica. Con la conquista di Cartagine (698) avrebbe avuto fine l’Esarcato d’Africa, mentre la successiva conquista della Sicilia (IX-X sec.) avrebbe contribuito alla conseguente e progressiva interruzione, seppur non drastica, dei rapporti fra il Mediterraneo occidentale e il Mediterraneo orientale, tra la Sardegna e l’Impero Bizantino. È in questo contesto che sarebbero giunti nell’isola numerosi profughi dal Nordafrica e, assieme a loro, le reliquie di sant’Agostino, trasferite da Ippona a Cagliari, ove tutt’oggi è visitabile la cappella ipogeica che, secondo la tradizione, le avrebbe ospitate.

La Sardegna e la Corsica rimasero dunque sempre più isolate da Bisanzio. In questi decenni, così come vi furono dei tentativi di conquista della Sicilia, vi furono anche dei tentativi di conquista della Sardegna da parte delle flotte islamiche. Secondo le fonti, alla metà dell’VIII sec. alcune aree dell’isola avrebbero pagato agli arabi la gizyah, la tassa versata dai non musulmani a tutela da eventuali scorrerie. Con l’insediamento islamico nella penisola iberica (711), inoltre, altri tentativi di invasione della Sardegna, tra VIII e X sec., sarebbero passati attraverso le isole Baleari. In questo contesto, intorno al 720, il re longobardo Liutprando avrebbe fatto trasferire le spoglie di sant’Agostino da Cagliari a Pavia, presso il monastero di San Pietro in Ciel d’Oro. Ad ogni modo, a differenza della Sicilia, gli arabi non riuscirono a conquistare la Sardegna, anche grazie alla pur intermittente protezione bizantina, longobarda e franca. Non va comunque sottovalutato il versante opposto, ovvero una certa compenetrazione col mondo arabo sul piano economico-commerciale e artistico-culturale.

Nel periodo dell’espansionismo arabo l’isola dovette ad ogni modo riorganizzarsi, sia politicamente che militarmente, per una resistenza. In questo frangente, alcune importanti e antiche città costiere furono progressivamente abbandonate, perché troppo soggette alle minacce esterne: tra esse Tharros, Cornus e Sulki. Furono invece rafforzati e si svilupparono centri che, in precedenza, avevano avuto una minore rilevanza: tra questi, la già citata Forum Traiani (Fordongianus), sede delle istituzioni militari bizantine e in posizione strategica per bloccare la pressione militare proveniente, oltre che dalla costa, anche dalle aree pastorali interne.

Iscrizioni greche di Assemini

L’isola rimase – stavolta sì – sempre più isolata e sempre più lontana dal potere centrale greco-bizantino. Alla struttura politico-istituzionale bizantina facevano ora da contraltare i sempre più radi rapporti con Bisanzio, sia a livello amministrativo che fiscale. L’autorità politica e amministrativa in Sardegna, così come altre aree dell’Italia meridionale, andò dunque progressivamente riorganizzandosi in forma autonoma. È in questo contesto che può essere collocata la nascita dei regni giudicali.

 

Francesco Borghero

 

Per approfondire:

ALBERTO BOSCOLO, La Sardegna bizantina e alto-giudicale, Chiarella, Sassari, 1978

LUCIO CASULA; ANTONIO MARIA CORDA; ANTONIO PIRAS (a cura di), Orientis radiata fulgore. La Sardegna nel contesto storico e culturale bizantino, Atti del Convegno di studi (Cagliari 30 novembre – 1 dicembre 2007), Nuove Grafiche Puddu, Ortacesus (SU), 2008

ROSSANA MARTORELLI (a cura di), Settecento-Millecento. Storia, Archeologia e Arte nei “secoli bui” del Mediterraneo. Dalle fonti scritte, archeologiche ed artistiche alla ricostruzione della vicenda storica. La Sardegna laboratorio di esperienze culturali, Convegno di studi (Cagliari, 17-19 ottobre 2012), 2 voll., Scuola Sarda Editrice, Cagliari, 2013

PIER GIORGIO SPANU, La Sardegna vandalica e bizantina, in Storia della Sardegna. 1. Dalle origini al Settecento, a cura di Manlio Brigaglia; Attilio Mastino; Gian Giacomo Ortu, Laterza, Roma-Bari, 2006, pp. 59-69

RAIMONDO TURTAS, La Chiesa sarda dalle origini fino al periodo spagnolo, in Storia della Sardegna. 1. Dalle origini al Settecento, a cura di Manlio Brigaglia; Attilio Mastino; Gian Giacomo Ortu, Laterza, Roma-Bari, 2006, pp. 116-130

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Written by : Redazione

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