In questa intervista abbiamo avuto il piacere di sottoporre alcune domande al Dott. Salvatore Sansone. Dopo un dottorato conseguito all’università del Salento, è stato professore a contratto di Storia dell’arte medievale presso la Facoltà di Lingue dell’Università della Tuscia. Attualmente è redattore capo presso l’Istituto storico italiano per il medio evo, con sede a Roma, e tra i principali collaboratori del progetto di catalogazione dei manoscritti miniati della Biblioteca Apostolica Vaticana. I suoi studi vertono principalmente sull’arte del Medioevo e in particolare sui manoscritti miniati, sull’iconografia e l’iconologia della tradizione illustrata del Roman de la Rose e della Commedia di Dante. Infine ha partecipato a convegni in ambito internazionale ed è spesso ospite del Festival del Medioevo di Gubbio.

1. Ringraziamo il Dottor Salvatore Sansone per averci concesso questa intervista. Iniziamo con una domanda facile, perché ha deciso di studiare il Medioevo e cosa l’affascina di questo periodo storico?

Intanto sono io che ringrazio te, Giulia, non soltanto per questa intervista, ma soprattutto per il bel lavoro che state portando avanti con Medievaleggiando. Potrei risponderti dicendo che ho iniziato a studiare il Medioevo perché da sempre sono stato affascinato da tutto ciò che evocava quella parola: «le donne, i cavallier, l’arme, gli amori, le cortesie, l’audaci imprese», per dirla con Ariosto. Sarebbe tutto molto bello, ma non sarebbe la verità. La verità, invece, è che mi innamorai del Medioevo quando iniziai a frequentare il mio primo corso universitario, a Viterbo, presso la facoltà di Conservazione dei Beni Culturali. Quel corso era dedicato alla storia dell’arte medievale ed era tenuto dal prof. Francesco Gandolfo (in realtà, prima di tutto, di innamorai della sua εκφρασις e dei suoi strumenti dialettici). Del Medioevo sapevo poco o nulla. Fu in quelle lezioni che iniziai a capire quei mille anni così diversi tra loro e però sempre così ricchi di interrogativi. Si rimaneva a bocca aperta davanti a capitelli e affreschi romanici, o davanti alla possibilità di discutere per ore di una sola immagine, che veniva aperta e scandagliata quasi come un moderno menù a tendina. Piano piano si acquisiva il metodo, lo studio delle fonti, di qualsiasi tipo esse fossero, e il rapporto con la storia. Presto mi resi conto che l’idea di evoluzione, per la storia dell’arte, non funzionava benissimo. E allora mi persi nei segmenti spezzati, negli angoli stretti, nei grovigli. Nelle strade che spesso ti costringono a tornare indietro. E a ripartire. Perché non si va da nessuna parte quando pensi di sapere già dove stai andando. Ho sempre pensato che fosse la strada a condurre e non tu che scegli. Tutto questo è ciò che mi affascina del Medioevo. Mi affascina la sua non linearità, ecco. Spero di aver reso l’idea.

2. Il suo campo di specializzazione è quello della miniatura medievale della quale non se ne conosce mai abbastanza. Potrebbe fornirci una breve spiegazione di questo tipo di arte, troppo spesso sottovalutata?

Per fortuna, da un po’ di anni a questa parte, l’arte della miniatura – e il relativo studio scientifico – ha abbandonato quella nicchia dove era stata relegata col titolo di ancella della storia dell’arte. Si tratta, invece, di una delle principali forme d’arte del Medioevo, legata evidentemente al libro manoscritto, che molto spesso illustrava e accompagnava per immagini, mentre si tramandavano saperi e conoscenze fino all’invenzione della stampa. Un’arte che, come è ovvio, nel corso del tempo ha cambiato forma e aspetto, senza però perdere la sua caratteristica principale: il lavoro artigianale che vi è alla base. Va detto che la miniatura è stata anche luogo di sperimentazione e innovazione, anticipando talvolta ciò che avremmo visto soltanto dopo decenni in altre forme d’arte. Dunque, quasi cartina al tornasole di esperimenti, cambi di passo e, se vogliamo, anche di rotture col passato.

3. Lei si è occupato della tradizione iconografica e iconologica di alcuni importanti testi della letteratura medievale, ci può dire cosa ha riscontrato di particolare? E come ci si approccia a questo tipo di studio?

Analizzare il rapporto tra testo e immagine, per quanto mi riguarda, è uno degli aspetti più interessanti dello studio della miniatura medievale. Quando poi ci si approccia a testi fondamentali, come appunto il Roman de la Rose o, ancora meglio, la Commedia il lavoro di ricerca prende spesso delle pieghe inaspettate e, in linea di principio, riesce a mostrare l’intera architettura di un codice miniato, che non ha nulla da invidiare alla più nota architettura monumentale. Mi spiego meglio. Studiando il rapporto che esiste tra un testo scritto e l’immagine che molto spesso l’accompagna siamo in grado di valutare tutti gli aspetti che rendono unico un codice miniato: per esempio, il lavoro di scrittura del copista; quello del rubricatore; quello del miniatore. Talvolta queste figure corrispondono, in molti casi invece no. Il bello viene quando, nello studio del manoscritto, riusciamo a essere partecipi del loro modo di lavoro. E allora iniziamo a vedere, per esempio, come il copista ha impostato la pagina, come ha deciso di trasmettere il testo che sta per riportare; come ha gestito lo spazio della scrittura e invece quello da riservare al lavoro del miniatore; come si è sviluppato il loro rapporto. Capita anche che nessuno dei due abbia deciso nulla. Ma allora chi è stato? Chi c’è dietro l’impalcatura di un codice illustrato. Di norma un ordinator che per sviluppare la sua idea ha avuto bisogno di professionisti del libro, che, da soli o spinti da suggestioni esterne,  sviluppano anche nuove iconografie e nuove significati da assegnare all’immagine. Attenzione: queste ultime – e di conseguenza i significati che veicolano – non sempre vanno di pari passo con ciò che invece racconta il testo. Talvolta sono assolutamente indipendenti, altre invece decidono di spiegare meglio ciò che viene letto; altre ancora finiscono per confondere del tutto le acque. Ed è qui che il lavoro dello studioso e del ricercatore diventa davvero interessante. In altre parole, si viaggia indietro nel tempo. Si può entrare in uno scriptorium di un monastero benedettino o nella bottega di un libraio universitario nella Bologna di inizi Duecento. Si possono percorrere le strade attorno a Notre Dame nella Parigi di Luigi IX o quelle affollatissime della Napoli angioina.

4. Oltre all’arte della miniatura ha affrontato anche il campo di studi del medievalismo soprattutto in ambito musicale, ci può parlare delle connessioni che esistono tra rock e Medioevo?

Alcune di queste connessioni sono abbastanza note anche ai non addetti ai lavori. Penso per esempio a tutto l’ambito del prog-rock, e quindi in primis ai Genesis di Peter Gabriel e Phil Collins, oppure alla passione per il Medioevo di Robert Plant, che si sviluppa in molti dei testi scritti per i brani dei Led Zeppelin. Oppure, in casa nostra, ai tanti cantautori che in molte rime e accordi, hanno ripercorso alcune trame ‘medievali’. Da Guccini, a Vecchioni, da Fabrizio De André a Vinicio Capossela. In altri casi invece alcune connessioni sono quasi improvvise e direi inaspettate. Penso, per esempio, all’utilizzo che Bob Dylan fa della Commedia dantesca all’interno di alcune delle sue canzoni più note. Ho parlato di questo proprio nell’ultima edizione del Festival del Medioevo, che come ovvio nel 2021, era dedicata al Poeta. Mi riferisco a Dante, non a Dylan, non confondete! Senza dilungarmi segnalo un unico esempio, quello relativo al brano Desolation Row. Dieci strofe che richiamano le dieci bolge dantesche e i relativi peccati.

5. Lei lavora presso l’Istituto storico italiano per il medio evo, un’istituzione che ogni medievista conosce e frequenta. Vorrebbe spiegare, invece, a chi non conosce questo luogo qual è la missione e che tipo di lavoro svolge?
Fondato nel 1883, per pubblicare le fonti per la storia del Medioevo italiano e creare una memoria storica unitaria, l’Istituto Storico Italiano per il Medioevo ha diversificato, negli anni, i suoi volumi in molte collane anche in collaborazione con istituzioni internazionali e italiane, oltre ad aver assunto la direzione scientifica della ristampa nazionale dei Rerum Italicarum Scriptores di Ludovico Antonio Muratori. Presso l’Istituto, che ha sede nel celebre complesso borrominiano dell’Oratorio dei Filippini a piazza dell’Orologio, si è venuta formando una biblioteca specializzata aperta al pubblico, che conta ormai più di 65.00 volumi e più di 750 testate di riviste italiane e straniere e un archivio storico la cui documentazione costituisce un importante patrimonio per ricostruire la storiografia medievistica italiana. Accanto alla corposa produzione editoriale e all’attività di formazione, parte dell’impegno scientifico dell’Istituto è riservato alla realizzazione e alla promozione di progetti di ricerca di repertoriazione, censimento e catalogazione di fonti medievali latine e volgari e, più in generale, sulla dimensione socio-culturale della scrittura e dello scrivere nel Medioevo. Negli ultimi anni ha svolto iniziative di rilievo come scuole di formazione di alto profilo scientifico, convegni, seminari e mostre.

6. Lei è anche membro del Centro Studi Ricerche per il Medievalismo, promosso dall’Istituto storico italiano per il medio evo. Potrebbe dirci se il neonato Centro ha come obiettivo non solo lo studio dei revival medievali ma anche la loro divulgazione?

Certo. Il Centro si propone anche di portare avanti l’alta divulgazione dei revival medievali. Lo scorso anno, col Centro appena nato, abbiamo realizzato un breve documentario dedicato proprio al Medioevo Contemporaneo, che è possibile vedere sul nostro canale YouTube a questo link . Abbiamo in programma anche la realizzazione di un convegno internazionale. Spero si riesca a fare presto, ma soprattutto in presenza.

Salvatore Sansone7. Infine, concludiamo l’intervista, con un’altra domanda semplice. Potrebbe condividere con noi i suoi prossimi impegni e anche quelli dell’Istituto?

Beh, i miei prossimi impegni sono ancora legati alle celebrazioni dantesche relative all’anno appena trascorso. Ho in stampa un paio di lavori: uno dedicato a Dante e al Giudizio Universale di Taddeo di Bartolo a San Gimignano e un altro, legato al contemporaneo, sulle illustrazioni dantesche di Renato Guttuso per il suo Dante. Dal canto suo, anche l’Istituto storico italiano per il medio evo ha in programma una serie di iniziative, che potete seguire sul nostro sito e sulla nostra pagina FB. Tra queste ho il piacere di segnalare il convegno Mediterraneo d’Africa. Isole, porti, diplomazia, che si terrà a Barletta, presso la nostra sede meridionale, il 9 e il 10 giugno.
Ringrazio ancora tutto lo staff di Medievaleggiando per le domande.

 

Ringraziando il Dottor Sansone per questa bella intervista, gli auguriamo il meglio per i Suoi progetti futuri.

Giulia Panzanelli

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Written by : Redazione

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