François Villon, poeta medievale del XV secolo, e Fabrizio De André, cantautore italiano vissuto nel XX secolo. Due epoche storiche differenti, ma un meraviglioso incontro tra i due: De André, infatti, si ispira molto al poeta francese in alcune sue canzoni e in questo articolo sarà mio piacere fare una panoramica di queste, omaggiando l’opera di entrambi.
Nella Francia della prima metà del XV secolo nacque a Parigi François de Montecorbier, nel 1431. Egli assunse il cognome con cui lo conosciamo dal cappellano Guillaume de Villon, il quale si prese cura del ragazzo quando questo rimase orfano del padre. Villon è uno dei più importanti poeti francesi e appartiene ad una tradizione poetica tardomedievale. Racconta con sprezzante sincerità la Parigi dell’epoca ed è considerato un personaggio oscuro, veste l’abito di un “poeta maledetto”, una sorta di antesignano e archetipo del poeta avversato dalla fortuna e perseguitato dalla malasorte (il termine “poeta maledetto” venne coniato successivamente). Villon ha scritto numerose opere, che si compongono del Lais (in italiano Il lascito), conosciuto anche come Piccolo testamento; del Testament (Il testamento); di poesie diverse e di ballades en jargon (Ballate argotiche).
La prima edizione a stampa delle opere di Villon venne realizzata nella tipografia di Pierre Levet nel 1489 ed ebbe una ventina di ristampe, anche se la fortuna arrise al nostro poeta soprattutto a partire dal XVI secolo, quando nel 1532 Clément Marot (poeta e illustratore umanista vissuto nella prima metà del ‘500) pubblicò un’edizione critica delle poesie di Villon. Già durante la vita del poeta cominciarono a circolare manoscritti delle sue poesie: Villon riecheggiava ovunque, nei mercati, nelle fiere e su di lui aleggiava una leggenda, consolidata da un’opera di letteratura molto conosciuta nel ‘500, Le Recueil des repues franches de maistre François Villon et de ses compagnons. Questo testo era composto da racconti scurrili scritti in versi, che hanno dato origine ad un’immagine stereotipata di Villon, ovvero quella di un ladro amante della carne e del vino.
Cinque secoli più tardi, in Italia e più precisamente a Genova, il 18 febbraio 1940 nacque Fabrizio de André, il quale, dopo aver concluso gli studi classici, intraprese la carriera di cantautore mettendosi in contatto con altri autori della sua terra quali Gino Paoli e Luigi Tenco, dando vita a quella che venne chiamata “scuola genovese”. De André era un artista dai molteplici interessi, che nella sua opera spazia e racconta mondi e personaggi diversi, ispirandosi a libri o a precedenti cantautori e poeti. Anche il Medioevo è presente nelle sue canzoni, è un’epoca che lo affascina. Abbiamo già raccontato dell’omaggio che De André fa a Villon con la canzone La ballata degli impiccati nell’album Tutti morimmo a stento (1968), che riprende la Ballade des pendus, scritta dal celebre poeta francese. L’utilizzo che Faber fa di Villon, tuttavia, non si esaurisce qui: si rintraccia un rimando al poeta anche nella canzone Valzer per un amore, uscita nel 1964 in un 45 giri, lato B della Canzone di Marinella. Il testo, firmato dal solo Fabrizio De André, esorta l’amata a cogliere “il bel tempo che non ritornerà”. Lo studioso Doriano Fasoli ha, infatti, sottolineato la presenza, in Valzer per un amore, di alcuni versi della Ballata all’amica nel Testamento di Villon, in particolare: “Tempo verrà che appassire, ingiallire / seccar farà il vostro fiore dischiuso. / Vecchio, sarò; voi brutta, scolorita; / or bevete finché il rivo può scorrere.” A mio parere i versi relativi della canzone di Faber sarebbero: “Quando carica d’anni e di castità / tra i ricordi e le illusioni / del bel tempo che non ritornerà / troverai le mie canzoni / nel sentirle ti meraviglierai / che qualcuno abbia lodato / e bellezze che allor più non avrai / e che avesti nel tempo passato”.
Il componimento più famoso di Villon è il Testament, un poema di 2000 versi la cui stesura risale al 1461. Si tratta di un testamento scritto in chiave burlesca in cui l’autore elenca le sue malefatte nei confronti di amici e nemici, racconta con nostalgia il tempo passato.
Un insieme di sentimenti contrastanti che caratterizza e manifesta l’attaccamento di Villon alla vita. Ne emerge un ritratto di uomo dalle mille sfaccettature, malinconico, triste, a volte anche disperato che però, non rinuncia a mostrare il suo lato umile, nostalgico e riconoscente nei confronti delle persone che hanno segnato la sua vita.
A chi conosce De André verrà subito in mente Il testamento, ed effettivamente non avrebbe tutti i torti. La canzone di Faber, scritta di suo pugno e uscita nello stesso 1963 con, sul lato B, La ballata del Michè, riprende in un certo senso il poeta medievale, anche se con la mediazione di un’altra sua vecchia conoscenza, George Brassens (1921-1981), che con il suo Le Testament (1955), si ispira proprio al poema di Villon. In generale questo tema, all’epoca, era già emerso anche nelle canzoni di Jacques Brel (Le moribond del 1961) e del già citato Brassens.
In conclusione, parliamo di due artisti vissuti in epoche diverse ma che hanno saputo conoscersi diventando il primo un ispiratore del secondo, un esempio di come il Medioevo riesca ad ispirare ed affascinare anche l’epoca contemporanea.
Eleonora Morante
PER APPROFONDIRE:
VILLON FRANÇOIS, Ballate e Lasse, saggio e traduzione a cura di Luciano Parinetto, Stampa Alternativa editore, Roma 1993.
VILLON FRANÇOIS, Il testamento e altre poesie, a cura di Aurelio Principato, Einaudi, Torino 2015.
GUASTELLA GIANNI; PIRILLO PAOLO, (a cura di) Menestrelli e Giullari: il Medioevo di Fabrizio De André e l’immaginario medievale nel Novecento italiano, Edifir, Firenze 2012.
PISTARINI WALTER, Fabrizio De André. Il libro del mondo. La storia dietro le canzoni, Giunti Editore, Firenze 2010.