L’atmosfera è carica di pathos: l’eroe, dopo varie peripezie si trova di fronte ad una grande prova. È il momento di dimostrare il suo valore, conquistando l’arma indispensabile per sconfiggere le forze nemiche e per certificare il suo status eroico.
Stiamo parlando di un momento iconico di una saga, sì, ma quale? È forse Harry Potter nella Camera dei segreti, nel momento in cui estrae la spada di Godric Grifondoro dal cappello parlante? Oppure è Thor, quando si trova a dover provare al padre Odino e al mondo intero di essere degno di brandire Mjolnir? O ancora, stiamo parlando di Luke Skywalker, nel momento in cui riceve da Obi-Wan Kenobi la spada laser di suo padre, Anakin, trasformatosi nel malvagio Darth Vader? O infine è Aragorn il protagonista di questa storia, quando, nella trilogia di Peter Jackson, riceve da Elrond la preziosa spada Anduril, immancabile compagna nella battaglia contro le armate di Sauron?
Se guardiamo queste saghe da un punto di vista narrativo, notiamo che ci sono molte similitudini. Infatti, sono basate sul cosiddetto Viaggio dell’eroe, teorizzato da Christopher Vogler. Tutti i protagonisti delle saghe citate, infatti, hanno un background simile e sono destinati a sconfiggere il nemico e a riportare l’ordine in una terra in subbuglio, e in questo l’arma magica gioca un ruolo non secondario.
La radice di molte di queste storie non è altro che il mito di Re Artù, vero e proprio canovaccio su cui la narrazione dei moderni eroi è modulata. Artù, come un Harry, un Luke o un Aragorn ha ascendenze prestigiose, ma non spendibili in un mondo in subbuglio.
La Britannia è allo sbando, come il mondo magico col ritorno di Voldemort, la Terra di Mezzo tormentata da Sauron o la Galassia sotto il giogo imperiale. In un contesto simile, poco importa l’essere figlio, o comunque discendente, di un grande re (Uther Pendragon, Isildur) o di maghi o cavalieri famosi (James Potter, Anakin Skywalker); c’è un “regno” in difficoltà che va salvato, e i nostri eroi riescono a farlo grazie all’aiuto del mentore, di un gruppo di aiutanti (ordine della fenice, compagnia dell’anello…), e all’uso dell’arma.
Ora, quando si va a studiare a fondo la leggenda di Artù si scopre che il re ottiene ben due spade importanti. La prima, perlomeno nella versione del mito di Thomas Malory (XV secolo), è la famosa spada estratta dalla roccia (menzionata per la prima volta da Robert de Boron nel XIII secolo), che Artù spezza in battaglia, e che viene sostituita da Excalibur, la spada che gli dona la Dama del Lago, Viviana.
Per l’eroe l’arma rappresenta la legittimazione, e viene conquistata in un momento preciso della narrazione: quello in cui l’eroe si sente finalmente pronto ad affrontare la grande battaglia. Prendendo il caso dell’Artù di Malory questo succede solo con la seconda spada, dato che la prima la estrae dalla roccia per caso, come vediamo nel classico Disney.
Il giovane Artù, cresciuto nella famiglia di Sir Hector, lontano dalla corte e inconsapevole di essere figlio del grande Re Uther Pendragon (ti ricorda qualcuno?), prende la spada nella roccia per permettere al fratello adottivo Kay di gareggiare al torneo, il cui vincitore sarà Re di Britannia. Il ragazzino compie un gesto senza avere la consapevolezza del suo significato. Non sa, infatti, che la spada è stata incastrata nella roccia per volere di Uther, che sul letto di morte incarica Merlino di incantare la spada, così che solo il vero erede al trono potesse estrarla.
Artù è giovane, ma mostra chiaramente di essere la persona giusta per guidare il regno, grazie al suo coraggio, alla sua umiltà e al suo altruismo, e inizia a racimolare gli eserciti privati dei feudatari, trasformandoli in cavalieri e ricacciando l’armata dei Sassoni oltre i confini.
Se la prima spada ha la funzione di dimostrare al mondo il suo destino a diventare Re, la seconda serve a confermarlo come tale, e viene concessa dalla Dama del Lago, rappresentante del potere femminile, che conosce e pratica la magia, alleata indispensabile per Artù. Non sarà infatti tanto Excalibur a dargli la forza di sconfiggere i Sassoni, ma il suo fodero, incantato dalle fate di Avalon per rendere Artù invulnerabile in battaglia.
La conquista dell’arma è un punto di svolta anche per i protagonisti delle altre saghe, i quali, proprio come Artù, ottengono l’arma nel momento in cui sono pronti ad assumere il ruolo dell’eroe. Vale per Harry Potter, pronto a scontrarsi con il basilisco per salvare Ginny, per Aragorn, deciso a mettersi alla testa dell’esercito contro Sauron e per Luke, sulla strada per diventare un jedi, e per Thor, una volta abbandonato il suo atteggiamento tracotante.
Nelle saghe citate vediamo quindi che viene riproposta la dualità della conquista dell’arma: per Harry e Thor è essenziale “estrarre la spada dalla roccia”: cioè dimostrare di avere raggiunto le qualità necessarie a impossessarsi ora della spada di Godric, ora di Mjolnir. Invece, a Luke Skywalker e ad Aragorn l’arma ‘speciale’ viene consegnata da una figura che rappresenta l’autorità, come Viviana, al momento opportuno. Obi-Wan Kenobi, infatti, rappresenta uno degli ultimi cavalieri jedi, nonché il primo mentore di Luke, mentre Elrond è il saggio Re di Gran Burrone, fautore della creazione della Compagnia dell’Anello e instancabile cavaliere al servizio del Bene.
Insomma, il motivo dell’ottenimento dell’arma è un topos irrinunciabile della narrazione, medievale e contemporanea, che può cambiare materiali, personaggi e ambientazioni, ma non rinuncia alla radice arturiana.
Cristiana Pieragnoli
Per approfondire:
DE BORON ROBERT, Il libro del Graal (a cura di Francesco Zambon), Milano, Adelphi, 2005
MALORY THOMAS, Le morte Darthur (a cura di A.Pollard), London, MacMillan, 1903
PRAVADELLI VERONICA, Forme del mito e cinema americano, Roma, Roma-Tre Press, 2019
PROPP VLADIMIR., Morfologia della Fiaba. Le radici storiche dei racconti di magia, Roma, Newton Compton,1976
VOGLER CHRISTOPHER, Il viaggio dell’eroe. La struttura del mito ad uso di scrittori di narrativa e di cinema, Roma, Audino, 2010