Abbiamo avuto il piacere, noi di Medievaleggiando, di intervistare la Professoressa Marina Montesano, docente ordinario di Storia Medievale all’Università degli Studi di Messina. La professoressa si occupa di storia culturale letta in chiave storico-antropologica, in particolare i suoi interessi di ricerca vertono sulla magia, sulle origini della caccia alle streghe, sul rapporto tra Chiesa e cultura popolare e non da ultimo si sta dedicando a decifrare i rapporti fra Oriente e Occidente, leggendoli attraverso le fonti del pellegrinaggio e del viaggio. La docente ha inaugurato un “sodalizio storico” con uno degli storici più influenti del nostro tempo Franco Cardini, con il quale ha scritto diversi libri, inoltre Marina Montesano è spesso ospite al Festival del Medioevo di Gubbio.

 

  1. Professoressa, grazie per aver accettato di concederci un’intervista. Lei ha studiato la storia, potremmo dire, in maniera trasversale, concentrandosi prevalentemente sul Medioevo e sui miti che molto spesso lo circondano. Vorremmo partire da uno dei più celebri: la stregoneria. Perché, secondo Lei, siamo portati a credere che le streghe fossero ferocemente perseguitate nell’Età di Mezzo? Chi era in realtà la strega?

Grazie a voi per l’interesse. I miei interessi principali vertono sulla storia culturale, e nell’ambito di questa la storia della stregoneria ha in effetti per me un ruolo centrale.

L’accostamento fra storia della stregoneria e medioevo nasce dalla leggenda nera che circonda entrambi i fenomeni, per cui molti sono portati a pensare che le persecuzioni antistregoniche siano soprattutto medievali, mentre appartengono piuttosto al rinascimento e all’età moderna.

Un ulteriore distinguo va fatto a proposito dello statuto, per così dire, di streghe e stregoneria: la prima cosa da fare è chiederci cosa intendiamo parlando di “stregoneria”, un concetto che possiamo dividere in due macrocategorie: da una parte abbiamo la stregoneria in senso ampio, intesa come la conoscenza di tecniche o le capacità psichiche di compiere il male con mezzi occulti. Si tratta di un fenomeno straordinariamente diffuso; tante sono le culture che conoscono credenze legate a questo ambito, e gli antropologi la studiano infatti in ambiti differenti come l’Africa e l’America Latina. Tuttavia, quando si parla di stregoneria europea, e in particolare di caccia alle streghe, ci si riferisce all’ambito specifico dell’Europa fra tardo medioevo ed età moderna: è qui infatti che la demonologia incontra antiche credenze e ansie diffuse fra la popolazione per dare origine a un corto circuito che ha portato a persecuzioni e roghi, ma anche alla nascita di concezioni riguardo ai poteri di streghe e stregoni, all’elaborazione del sabba, a un dibattito teologico e scientifico che non hanno paragoni altrove. Tutto questo ha però avuto luogo in un’epoca compresa il ‘400 e il ‘700, con un picco fra 1550 e 1650. Quindi è opportuno definire chi sia la presunta strega secondo i contesti che si prendono in considerazione e che possono essere i più diversi.

  1. Potremmo affermare che la caccia alle streghe, forse, non è mai idealmente finita. Dopo la “Grande Caccia”, troviamo l’episodio di Salem, il maccartismo e la più recente “caccia” scatenatasi negli anni ’80 del secolo scorso negli Stati Uniti, che ha riportato anche nel suo libro Caccia alle streghe (Salerno, 2012). A questo punto viene da chiedersi se le streghe esistano ancora oggi e se vengano perseguitate ancora perseguitate?

L’episodio di Salem si colloca alla fine del Seicento, quando nei luoghi in cui la caccia alle streghe ha avuto inizio (ossia in Europa occidentale) ormai i processi diminuiscono, ma se ne verificano nelle “periferie”: dalla Scandinavia all’Europa dell’est al New England – appunto – che difficilmente per l’epoca può essere considerato un luogo extraeuropeo, dati i forti legami culturali che i coloni conservavano con la propria terra d’origine. Al di là di questo,

l’espressione “caccia alle streghe” è passata a definire nella contemporaneità ogni fenomeno nel quale un gruppo di persone sono perseguitate per ragioni spesso ideologiche o per una sorta di isteria collettiva.

Il maccartismo certamente vi rientra, così come l’ondata di processi che si sono avuti fra anni Ottanta e Novanta del Novecento per reati connessi all’idea di una setta di pedofili; ce ne sono stati esempi più tardi anche in Italia, su tutti il caso di Rignano fortunatamente ormai risolto. E sono idee che riemergono in teorie contemporanee come quelle che conosciamo come QAnon. Si tratta comunque, è il caso di ribadirlo, di “cacce alle streghe” in senso lato.

  1. Nel campo dei grandi miti legati al “Medioevo occulto”, un altro argomento interessante e in linea con quello che abbiamo trattato è la magia. All’interno di questo macro-contenitore possiamo trovare di tutto: alchimia, stregoneria, negromanzia, elementi folklorici. Può aiutarci a fare chiarezza, spiegandoci quali sono le differenze?

Magia in effetti è un termine molto ampio, possiamo considerarlo un contenitore per pratiche anche completamente differenti fra loro. Un po’ come per la stregoneria, in senso lato è un fenomeno pressoché universale, legato all’idea di poter incidere sulla realtà attraverso strumenti differenti da quelli ordinari.

In Europa, il sapere magico ha origine nelle pratiche dei diversi mondi che si incontrano nel corso del medioevo: germanico, celtico, romano, slavo, ognuno con le sue pratiche e credenze che hanno lasciato tracce; a volte le vediamo emergere nella letteratura medievale, per esempio nei racconti di creature fatate.

Poi però a partire dal XII secolo con le traduzioni dall’ebraico e soprattutto dall’arabo abbiamo insieme ad altre scienze o arti anche un ritorno di magia ellenistica, mediata appunto da contesti arabi ed ebraici, che avrà una grande importanza e un secondo revival nel rinascimento. A questo ambito appartengono discipline quali la negromanzia, che è un termine un po’ generico, derivante dalla necromanzia antica, ossia la capacità di evocare i morti, e che si riferisce soprattutto alla possibilità di evocare e controllare i demoni attraverso rituali e formule. Anche l’alchimia fa parte dell’ambito magico del rinascimento e riguarda l’idea di poter cambiare la materia in altro, generalmente in oro, attraverso una serie di procedimenti che sono sia chimici sia rituali (e dunque dal nostro punto di vista, magici). 

  1. Una domanda che ci viene spesso posta è se possiamo considerare reale l’esistenza della magia, e di tutti i suoi protagonisti, nel Medioevo. È corretto affermare che, per come la vediamo noi contemporanei, è esistita? Perché, secondo Lei, nel mondo di oggi è così importante “riportare in vita” l’esoterismo medievale?

Possiamo considerare la magia una branca del pensiero, basata soprattutto sull’idea di corrispondenza all’interno del creato fra i diversi elementi che lo compongono.

In questo ne possiamo vedere il nesso con le scienze della natura così come venivano considerate nel medioevo, nel rinascimento e anche oltre. In questo senso è esistita ed ha affascinato, soprattutto in certi periodi storici: per esempio a cavallo fra Ottocento e Novecento, con lo spiritismo e il satanismo, oppure qualche decennio dopo con la creazione della Wicca. Tutti questi movimenti si richiamano alla magia medievale o rinascimentale, ma nel modo in cui i preraffaelliti si rifanno al medioevo: li riconosciamo cioè come fenomeni moderni, legati alle istanze del presente.

  1. Abbiamo parlato della magia e della stregoneria, e adesso vorremmo indagare insieme a Lei un altro intramontabile mito legato al Medioevo: il Santo Graal. Ne esistono infinite definizioni, rappresentazioni, riproposizioni, ma cos’era nel Medioevo? Come veniva considerato?

Come sappiamo, il graal nasce (così, minuscolo) grazie a Chrétien de Troyes e al suo Perceval o Conte dou graal – della fine del secolo XII. In questo libro è chiamato “un” graal, con riferimento a un vaso o a un recipiente (gradalis) che passa misteriosamente davanti al protagonista incapace di decifrarne il senso. Il romanzo è incompiuto, e dunque il senso sfugge almeno in parte anche a noi, e su questo la critica tanto ha scritto. Però anche i contemporanei di Chrétien ne furono affascinati; si può anche ipotizzare che vi fossero racconti orali ad arricchire quanto scritto da lui, e dunque nel corso dei decenni successivi vediamo spuntare una miriade di racconti nei quali si sviluppa il tema arricchendolo con tanti dettagli e personaggi differenti fino a divenire una costola importante del ciclo arturiano. È l’idea dell’opera aperta tipicamente medievale, dove si può prendere in prestito, aggiungere, modificare un testo a piacimento.

  1. Ai giorni d’oggi, l’idea che va per la maggiore vuole che il Graal sia la coppa contenente il sangue di Cristo, persa in non si sa bene quale landa desolata o territorio sconosciuto. Anche se non sono mancati i casi in cui si è sentito affermare che era stato finalmente trovato. A chi ci chiede oggi cosa sia e dove si trovi il Graal, cosa dobbiamo rispondere?

Fra le continuazioni e le varianti del Perceval abbiamo il Giuseppe d’Arimatea di Robert de Boron, un autore del quale sappiamo pochissimo, il quale nei primissimi anni del Duecento opera questo cambiamento importante: il Graal diviene il Santo Graal, identificato con la coppa usata da Gesù durante l’ultima cena, regalata da Pilato a Giuseppe d’Arimatea il quale la usa per raccogliere il Santo Sangue del Cristo. I suoi discendenti la porteranno in Inghilterra e daranno vita alla Tavola Rotonda. Intorno a queste storie nascono identificazioni con oggetti reali, a questo punto reliquie, che alcune città affermano di possedere: fra i Graal/reliquia più noti ci sono quello di Genova e quello di Valencia. Tuttavia mi pare evidente che si tratta di un motivo letterario, al più simbolico, di straordinario interesse, ma al quale non è il caso di attribuire alcuna materialità. Insomma,

inutile cercarlo in luoghi reali. Semmai, si può intendere come una ricerca spirituale.

  1. Non solo miti del passato, ma anche odierni. Il suo impegno nello sfatare “le credenze popolari” è costante e prolifico, come ha dimostrano nel libro: Terrore e idiozia. Tutti i nostri errori contro il terrorismo islamista (Mondadori, 2015), scritto con il Professor Franco Cardini. Qual è il ruolo dello storico nella decostruzione dei miti? È importante che se ne faccia carico per riportare alla ribalta la “realtà” delle cose? Quanto sono presenti ancora i miti nella nostra storia?

Il libro al quale vi riferite si collega a quanto dicevamo prima a proposito della “caccia alle streghe” in senso lato. Negli Stati Uniti degli anni Cinquanta del Novecento si dava la caccia ai comunisti, veri o immaginari, oggi i musulmani in Occidente sono spesso al centro di sospetti il più delle volte ingiustificati. Come in passato, ci sono interessi politici che in certi momenti conducono a creare un nemico; c’è anche però un’adesione culturale delle masse che sposano senza discernimento i modelli che sono loro proposti, magari ignorando che l’ISIS/Daesh sono una creazione di governi amici dell’Occidente, e che molti governi occidentali a loro volta se ne sono serviti, pur raccontando storie molto diverse. Il libro parla di tutto questo.

  1. Diversi dei suoi studi li ha scritti a quattro mani con il Professor Franco Cardini che, come lei, condivide l’impegno e l’amore per l’accuratezza della storia. Com’è nato questo “sodalizio storico”?

È nato quando mi sono laureata con lui nel lontanissimo 1990. Non subito, è chiaro, ma già da allora i suoi interessi mi affascinavano e mi hanno influenzata. Per esempio, il tema della magia e della stregoneria, sul quale poi mi sono specializzata. Ovviamente le collaborazioni sono più recenti, però rispondono sempre a interessi maturati nel tempo, oltre a quelli nuovi legati alla contemporaneità: il libro del quale abbiamo appena parlato ne è un esempio.

  1. Con il Professor Cardini ha scritto anche il romanzo storico L’ uomo dalla barba blu. Gilles de Rais e Giovanna d’Arco nel labirinto delle menzogne e delle verità (Giunti Editore 2020). Com’è stato cimentarsi in questa avventura letteraria? Pensa che questo genere narrativo possa avvicinare alla storia i giovani studenti del futuro?

È stata un’esperienza per me nuova. In campo letterario devo dire che i romanzi sulla contemporaneità mi interessano più di quelli storici, e non sono una patita del fantasy, ma in questo in realtà convergono anche interessi contemporanei e storiografici: Gilles de Rais è stato compagno d’arme di Giovanna, entrambi sono stati condannati a morte, ma lei è divenuta patrona di Francia e (sebbene tardivamente) anche santa, mentre la memoria di Gilles è talmente legata a crimini infami che in pochi hanno pensato di poterlo riabilitare. Abbiamo notato cioè che anche gli storici partono con la convinzione che fosse colpevole, così ci siamo domandati come mai non si è più possibilisti sulla sua storia. Ovviamente lo storico non deve essere giudice del passato, e nel caos di Gilles non ci sono abbastanza documenti per poter in un certo senso “rifare il processo”. Allora la forma del romanzo offre l’opportunità di dire qualcosa in più, senza dover essere legati alle fonti così com’è – giustamente – nel metodo storiografico. Non credo sinceramente che possa essere un modo per avvicinare i giovani alla storia; penso che sia un romanzo per quelli che già la amano, e che spesso sono adulti. Credo che oggi la dimensione del fantasy sia prevalente, magari passando da quella si può recuperare anche il discorso storico. In generale la storia a scuola ha troppo poco spazio e dunque gli insegnanti sono costretti a darne soltanto i rudimenti, per cui risulta noiosa.

  1. Un’ultima domanda prima di salutarci: perché è importante studiare il Medioevo, così come i suoi revival, oggi?

Il medioevo è un periodo lunghissimo, e dentro ci troviamo un po’ di tutto: dal mondo barbarico alla magia, dal cavaliere al mercante, dalla nascita della città moderna a quella delle monarchie, e tanto altro ancora.

Alcuni dei temi della letteratura medievale sono serviti da spunto a creazioni contemporanee, da quella più filologica di Tolkien a quella più “barbarica” di Martin, che hanno riscosso successo nel presente. Più indietro nel tempo intorno a quest’epoca si è costruita quella che Giorgio Falco chiamava la “polemica su medioevo”, dunque gioco forza è un’epoca che non è mai completamente trascorsa, ma che riattualizziamo di continuo alla luce dei nostri interessi odierni. D’altra parte, questo è vero per tutta la storia.

 

Ringraziamo la Professoressa Marina Montesano per averci dedicato il suo tempo e speriamo di ritrovarla presto.

 

Martina Corona, Giulia Panzanelli

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Written by : Redazione

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