A dare un orizzonte ideologico ben definito al genere amoroso nella letteratura medioevale fu uno scrittore della Francia, Chrétien de Troyes, vissuto nella seconda metà del secolo XII. Di lui c’è giunto uno dei romanzi più famosi della letteratura delle origini, il Lancelot: in questo testo si ha una delle immagini più intense dell’Amor Cortese, con la descrizione dell’amore di Lancillotto, il più forte e valoroso cavaliere della Tavola Rotonda di re Artù, per Ginevra, la moglie dello stesso re. Il loro amore si impone come l’emblema dell’amor cortese, in quanto amore estraneo al matrimonio, perciò puro e vero. La suprema intensità di quest’amore accompagna gli amanti lontani dai compromessi della società medievale e pronti ad affrontare le avversità. La passione è l’elemento chiave di questi amori, ed è anche il cardine della storia di una delle coppie letterarie più famose della letteratura italiana: quella dei due amanti lussuriosi Paolo e Francesca, narrata da Dante Alighieri nel canto V dell’Inferno. Dante ci descrive, con le parole di Francesca, in tre famose terzine che hanno la stessa parola per capoverso, la bellezza e il senso dell’amor cortese:

Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende,

prese costui de la bella persona

che mi fu tolta, e ‘l modo ancora m’offende.

Amor, ch’a nullo amato amar perdona,

mi prese del costui piacer sì forte,

che, come vedi, ancor non m’abbandona.

Amor condusse noi ad una morte.

Caina attende chi a vita ci spense.

 

Francesca, oltre a riferire a Dante e ai lettori che morì proprio per quell’amore passionale che non l’abbandonerà neppure nella dannazione eterna, racconterà anche del momento in cui si innamorò del suo Paolo, e di come fu Galeotto, cioè il mezzo/tramite che li portò ad innamorarsi, proprio quella passione cortese fra Lancillotto e Ginevra, racchiusa nel dolce gesto di un bacio:

 

Noi leggiavamo un giorno per diletto

di Lancialotto come amor lo strinse;

soli eravamo e sanza alcun sospetto.

Per più fiate li occhi ci sospinse

quella lettura e scolorocci il viso;

ma solo un punto fu quel che ci vinse.

Quando leggemmo il disiato riso

esser basciato da cotanto amante,

questi, che mai da me non fia diviso,

la bocca mi basciò tutto tremante.

Galeotto fu ‘l libro e chi lo scrisse:

quel giorno più non vi leggemmo avante.

 

Francesca spiega che durante la lettura del racconto dell’amore fra Lancillotto e Ginevra gli sguardi dei due amanti diventavano sempre più frequenti, ma solo un punto fu quello che li sopraffece, cioè il momento in cui il racconto narra del bacio che Lancillotto diede alla sua amata Ginevra: Paolo dopo quella lettura baciò Francesca. L’anima della dannata definisce il libro “Galeotto”, dal nome di colui che riuscì ad ottenere per Lancillotto un convegno amoroso con Ginevra e quindi fu l’intermediario della storia; ruolo che per Paolo e Francesca sarà rivestito dal romanzo stesso e dal suo autore. Dopo il bacio di Paolo, la lettura dei due amanti non proseguì:

quel giorno più non vi leggemmo avante”.

L’interpretazione di questa frase, come di altre della Commedia, rimane misteriosa: continuiamo infatti a chiederci se Paolo e Francesca non continuarono a leggere il libro perché furono presi dall’impeto della passione, oppure perché furono subito uccisi dal marito di Francesca, Gianciotto, colui che, come dice madonna Francesca, sarà atteso nella Caina, la zona dell’Inferno dove sono puniti in eterno i traditori dei parenti. Durante tutto il racconto della dannata, l’anima del suo amante Paolo piange. I due cognati sono stati condannati perché il loro amore è stato talmente intenso da averli allontanati dalla via del bene. Francesca con il suo dolcissimo racconto porta Dante ad avere pietà per questo grande amore, che non ebbe la possibilità di essere vissuto, rendendosi un amore perduto, ma comunque eterno grazie alla Letteratura.

 

Martina Michelangeli x Medievaleggiando

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Written by : Redazione

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