Nel 768, il re dei franchi Pipino detto “il Breve” si spense, lasciando il regno suddiviso in due parti assegnate ai figli Carlo e Carlomanno.
Carlomanno morirà nel 771, in circostanza non del tutto chiara e il destino del regno sarà interamente nelle mani di Carlo detto “Magno”. Sarà incoronato imperatore da papa Leone III, nella notte di Natale dell’800, per poi essere acclamato «grande e pacifico imperatore dei romani».
In Oriente, nel 762, il califfo al-Mansur, della dinastia abbaside, fondò la città di Baghdad (nell’attuale Iraq), nuova capitale del califfato che sostituisce la vecchia capitale omayyade, Damasco (Siria). La nuova capitale vivrà un periodo di massimo splendore, grazie ai progressi nell’ astronomia, fisica, matematica e medicina, in particolare sotto il califfo Hārūn al-Rashīd, nominato nel 786 e conosciuto anche come il protagonista de Le mille e una notte, in arabo Alf laila wa laila.
Carlo Magno e al-Mansur intrapresero dei rapporti diplomatici.
Già nel 765 ci furono delle missioni diplomatiche tra Pipino il Breve e il califfo al-Mansur. Pipino inviò tre ambasciatori a Baghdad, i quali fecero ritorno nel 768, assieme a diversi legati arabi, trasportando dei magnifici doni. Gli emissari furono ricevuti a Selles-sur-Cher, nei pressi di Tours, e tornarono in patria colmi di doni per il califfo.
Anche Carlo decise di riprendere la politica orientale paterna per due motivazioni: il desiderio di proteggere le comunità cristiane, stanziate in Palestina e i pellegrini diretti in Terrasanta. Hārūn, il nuovo califfo abbaside, aveva i suoi stessi avversari, ossia i bizantini e gli omayyadi spagnolie.
L’iniziativa di Carlo, oltre ad esser valutata dal punto di vista politico internazionale, simboleggia la sua cristianità, in linea con il suo governo.
Gli scambi diplomatici tra il 797 e l’807 possono essere ricostruiti grazie alle fonti occidentali, in particolare dagli Annales Regni Francorum e dalla Vita Karoli Magni di Eginardo, mentre non vi sono tracce in fonti arabe.
Perché le fonti arabe non descrivono tali vicende? Una delle possibili spiegazioni è che le relazioni del califfo con un sovrano occidentale non avevano nulla di straordinario: si trattava di episodi di ordinaria amministrazione, superflui per le varie cronache, tranne in casi in cui le relazioni diventano occasioni per il califfo di esibire il suo lusso.
Nel 797, Carlo inviò in Oriente presso la corte di Hārūn, definito nelle fonti occidentali come rex Persarum, i due laici Lantfrido e Sigismondo, assieme all’ebreo Isacco, molto probabilmente un interprete.
Nel 801, Hārūn rispose al neo imperatore Carlo inviando due legati, di cui uno appartenente all’ambiente dell’emiro di Kairuan (oggi nell’attuale Tunisia), Ibrāhīm ibn al-Aghlab, il cui prestigio era quasi pari a quello di Hārūn.
Gli emissari del califfo sbarcano a Pisa e tra Vercelli e Ivreaincontrano Carlo Magno che li ospita presso la sua corte, come narrato dagli Annales Regni Francorum e dalle Gesta Karoli Magni imperatoris del monaco Notkero.
Perché questi legati giunsero in Occidente? I due emissari annunciarono il ritorno di Isacco, in quanto Lantfrido e Sigismondo erano morti, in circostanze ancora ignote. Isacco stava portando al suo sovrano dei magnifici doni, in particolare uno di natura “esotica”: l’elefante.
Carlo Magno inviò in Liguria il notaio Ercambaldo per allestire un naviglio, con l’intento di trasportare l’elefante e i doni portati da Isacco, che arriveranno ad Aquisgrana il 20 luglio 802. Il nome scelto per l’elefante sarà Abūl Abbas, in omaggio al capostipite della dinastia abbaside.
Eginardo, nella Vita Karoli Magni, afferma che l’elefante era una richiesta esplicita dell’imperatore per il suo serraglio, così Hārūn soddisfò la richiesta, nonostante fosse l’unico esemplare in suo possesso. Ma vi sono dubbi sulla veridicità di questa affermazione.
Secondo gli storici Steven Runciman (autore della celeberrima Storie delle crociate) e Arthur Kleinclausz, l’elefante non era la sola motivazione dell’ambasceria del 797.
La causa principale era di natura politica, visto che Carlo Magno chiedeva ad Hārūn di mettere fine al clima di insicurezza che le comunità cristiane vivevano in Terra Santa, esposte agli attacchi dei Beduini nomadi. In questo caso, l’elefante può essere considerato come un consenso del califfo, dimostrando amicizia e considerazione nei confronti dell’imperatore.
Possedere un elefante, animale favoloso, assumeva valore simbolico: era la prerogativa di un potere imperiale che discende da Dio. Sono considerazioni di cui Carlo e Hārūn erano consapevoli.
Sempre nel 797, i due legati arabi ripartirono per Baghdad. Verso la fine dell’anno, Carlo Magno inviò una nuova ambasceria ad Hārūn, diretta da Radberto. Gli Annales Regni Francorum ci raccontano che, quattro anni dopo, Radberto e i suoi compagni passarono inosservati in mezzo alla flotta bizantina che tentava di conquistare la Dalmazia. I legati carolingi sbarcarono a Treviso e Radberto perì all’inizio dell’807.
Nell’807 avvenne l’ultima ambasceria da parte del califfo. I suoi legati portarono da Baghdad ricchi doni, fra cui:
- scimmie e tessuti preziosi
- aromi e unguenti orientali
- un orologio meccanico munito di automi e suoneria
- candelabri d’oricalco
- padiglione da campo,
suscitando grande stupore nei cronisti occidentali. Carlo, pur sapendo che non poteva ricambiare con doni dello stesso splendore e ingegnosità, decise di donare loro con cani da caccia, cavalli, muli e stoffe pregiate. Ma i cronisti arabi non ne furono particolarmente impressionati.
Due anni dopo, il 24 marzo 809, Hārūn morì a Tūs (odierno Iran) per un malore. L’anno successivo anche l’elefante Abūl Abbas perì, molto probabilmente complice il freddo gelido di Aquisgrana.
Carlo Magno era un appassionato di caccia, che praticava nella foresta delle Ardenne, vicino alla capitale. Lo fece anche nell’autunno dell’813, ma questa volta prese freddo e si ammalò. Fece il digiuno con l’intento di far passare la febbre, come si usava al tempo, che non servì a nulla. La polmonite e il fisico anziano dell’imperatore lo portarono a spegnersi alle nove di mattina del 28 gennaio 814, alla veneranda età di settantadue anni.
Pierluigi Papa
Per approfondire:
BARBERO ALESSANDRO, Carlo Magno: un padre dell’Europa, Laterza, Bari-Roma 2002
CORTONESI ALFIO, Il Medioevo: profilo di un millennio, Carocci, Roma 2018
MONTELEONE FEDERICA, Il viaggio di Carlo Magno in Terra Santa, Schena, Fasano 2015