Prima parte

 

Caratteristica fondamentale del fumetto di Prince Valiant è la contrapposizione tra storicità e fantasia. Infatti, sebbene Foster avesse effettuato approfondite ricerche sul Medioevo e sul ciclo arturiano, cercando di rendere il più attinenti alla realtà storica le sue illustrazioni, elementi fantastici vennero (e sono tutt’ora) inseriti nelle sue storie. Se all’inizio trovavamo, per esempio, strani esseri nelle paludi e praticanti di arti magiche, come Merlino o Morgana, andando avanti questi elementi vennero stemperati, per poi riapparire nuovamente in un momento successivo. Ne è un esempio la stessa spada di Valiant, la spada che canta, in originale Singing Sword. Come molte altre spade magiche, anch’essa è dotata di un incantesimo che protegge colui che la usa per una causa giusta, come ci viene ricordato da una iscrizione presente sulla stessa. Sarà in alcune storie successive che Foster ci fornirà alcuni dettagli in più sull’origine di quest’arma mistica. Scopriremo infatti che si tratta della famosa Fusberta, appartenuta in passato a grandi eroi dell’epica francese come Rinaldo e Malagigi, nonchè sorella di un’altra spada famosa: Excalibur. L’origine dell’arma, legata quindi alla storia stessa di Camelot e Artù, verrà in un secondo momento accantonata: rimarrà sì una spada magica, ma non si farà più riferimento ai precedenti proprietari.

 

Ricordiamo inoltre l’abbondante uso di anacronismi storici, quali i viaggi in America o l’uso da parte di alcuni personaggi di scoperte scientifiche e tecnologiche proprie del Rinascimento.

Anche il contesto storico merita un accenno. Sebbene il corpo centrale della saga abbia come sfondo la materia di Bretagna, suggerendo quindi una particolare collocazione temporale, le avventure di Valiant fanno riferimento ad eventi e battaglie che abbracciano più di cinquecento anni di storia, da prima della caduta dell’Impero Romano fino al finire dell’Alto Medioevo. Un modo di affrontare la storia, o meglio la Storia, in cui si sacrifica la veridicità in favore della spettacolarità, che sarà poi ripreso da altri autori e personaggi, come Dago di Wood e Salinas o Corto Maltese di Pratt.

 

Il creatore di Prince Valiant dichiarò nella sua intervista del 1969 con Fred Schreiber di spendere circa 53 ore alla settimana per una pagina del suo fumetto, ad inizio carriera anche di più, e la cura dell’artista nella realizzazione delle sue tavole non passò inosservata. L’arte di Foster, sebbene raccontasse di un mondo e di un tempo di fantasia, non mancava, come ogni buon medievalismo, di partire da uno studio del reale e lo stesso disegnatore si espresse chiaramente in merito:

“Tutti i libri qui nello studio sono libri che ho preso in Europa. Riguardano tutti vecchi castelli, luoghi, terreni. Prendo qualsiasi libro che si riferisca alla Gran Bretagna del V secolo. Questo mobile qui è pieno di fotografie a colori che ho scattato. Ogni volta che voglio uno sfondo per un paese, lo trovo qui: non copio mai nulla. La maggior parte dei castelli di Prince Valiant non sono autentici in quanto sono castelli normanni. Quando visse re Artù c’erano per lo più resti di fortezze romane che erano state fondate durante l’occupazione romana; i castelli furono costruiti successivamente, durante la conquista normanna. L’immagine che abbiamo dei giorni di Re Artù è data dagli autori normanni: sono loro che hanno alimentato questa leggenda. Quindi devi vestire i personaggi quasi come cavalieri normanni piuttosto che come centurioni romani – sono vestiti nel modo in cui penso che dovrebbero essere vestiti. Devo usare costumi e castelli dai due o tre secoli successivi.”

 

(“All those books here in the studio are books that I picked up in Europe. All have to do with the old castles, the places, the terrains. Any book that comes out which refers to 5th-century Britain I always get. This cupboard here is full of color photographs I have taken. Whenever I want any background for any country, I find it here: I never copy anything. Most of the castles in Prince Valiant are not authentic in that they are Norman castles: when King Arthur lived there were mostly remnants of Roman fortresses that had been set up during the Roman occupation; castles were subsequently built during the Norman conquest. The picture we have of the days of King Arthur is given by the Norman story-writers: it is they who fostered this legend. So you must dress the characters almost like Norman knights rather than Roman centurions – they are dressed in the way I think they should be dressed. I have to bring the costumes and the castles up by two or three centuries.”)

 

La scelta di dare una connotazione storicizzata è quindi un impegno per il creativo che lo pone di fronte a diverse sfide, pur tenendo conto degli anni in cui questo fumetto venne realizzato e ricordandone il fine prevalentemente ricreativo, primo tra tutti quello di trovare la giusta miscela tra fatti e immaginazione. Problemi di storia sì, ma anche legati ai combattimenti: se infatti molti al giorno d’oggi contesterebbero le scelte dei costumi così tardi, ai tempi di Foster uno degli errori che gli venne segnalato da più persone fu piuttosto l’aver posto la freccia nella posizione sbagliata in una tavola in cui il nostro principe tirava d’arco.

 

Un aspetto molto interessante di Prince Valiant è che, così come questa striscia è nata attingendo a piene mani dal mito arturiano, è diventata sua volta fonte di ispirazione per altri autori, spesso omaggiata nelle loro opere, ed ha dato origine a diverse creazioni derivate, passando anche ad altri media, dalla carta allo schermo, da medievalismo a medievalismo. Dopo un breve sconfinamento persino nel mondo del vinile, con la realizzazione di un paio di 33 giri in cui un intero cast dà voce ai personaggi di questa rielaborazione arturiana (la stessa custodia ci annuncia che le storie che stiamo per ascoltare sono ambientate “in the days of king Arthur”), l’approdo al cinema avviene con l’omonimo film del 1952, con James Mason e Robert Wagner, che lo stesso Foster giudicò magnifico, sebbene il tono holliwoodiano lo rendesse un po’ più infantile del suo fumetto.

Seguì il film del 1997 della Twentieth Century Fox Home Entertainment con Stephen Moyer e Katherine Heigl, nonché una serie animata, sempre dallo stesso titolo, arrivata anche in Italia nel 1993.

Quest’ultima, prodotta dal network The Family Channel, che oggi corrisponde al canale televisivo Freeform, si contraddistingue per la poca fedeltà al materiale originale. Sebbene presente la trama di base di Prince Valiant, ovvero l’esilio della sua famiglia ed il suo desiderio di diventare un cavaliere, molte delle tematiche della storia sono state adattate ad un pubblico giovane. La madre del protagonista, ad esempio, non viene a mancare, Arn non viene presentato come un rivale in amore ma come un semplice contadino che insegue lo stesso sogno di Valiant, e molti degli episodi riguardanti il mito arturiano, come la storia tra Lancillotto e Ginevra, del tutto tralasciati. Viene anche introdotto un terzo personaggio, affiancato a Valiant ed Arn nel loro percorso di crescita e accomunato dalla stessa ambizione, una ragazza di nome Rowanne. Delle scelte molto particolari, indubbiamente, ma che contribuirono al fascino di questa serie sui più piccoli, contribuendo a far avvicinare molti ragazzi al mito arturiano.

 

La multimedialità di Valiant però non si ferma agli schermi televisivi, ed i territori esplorati da questo cavaliere diventano sempre più interattivi con la realizzazione nel 1955 di un gioco da tavolo, Prince Valiant. A Game of Valor della Transogram, che attraverso sette avventure porta i giocatori verso un posto alla tavola rotonda, e ancora nel 1992 con un videogioco della Nintendo per il suo GameBoy, console portatile. Il settore ludico dà così un nuovo accesso al mondo di Valiant ai più giovani, mentre il cavaliere entra in tante case portando con sé il medievalismo.

 

Protagonista di un fumetto di grande successo, Prince Valiant si distingue da tanti altri personaggi che hanno fatto la storia della nona arte anche grazie all’idea di eroe propria del suo creatore: “Deve condurre una vita normale. Per esempio, Val ha incontrato Aleta – doveva avere una amata e doveva entrare in gioco il romanticismo, perché era un giovane uomo di 17 o 18 anni. La cosa naturale dopo quello era il matrimonio; e quando ti sposi, hai dei figli. Quindi era solo un susseguirsi naturale di eventi. Fa quello che dovremmo fare noi. Sì, è coraggioso e forte – ha ogni virtù che non ho avuto io. Tutto quello che devo fare è pensare alle mie mancanze e correggerle in Prince Valiant.

 

(“He has to lead a normal life. For instance, Val met Aleta – he had to have a sweetheart and romance had to come into it, because he was a young man of 17 or 18. The natural thing after that was marriage; and when you get married, you have children. So it was just a natural sequence. He does what we should do. Yes, he is brave and strong – he has every vitue that I missed. All I have to do is think of my failings and correct them in Prince Valiant.”)

 

Gli ideali e le virtù che vorremmo nostri proiettanti in un altro corpo, in un altro tempo, un Medioevo fatto di carta, china e sogni.

 

Dario Medaglia

 

Per approfondire:

BISHOP CHRIS, Medievalist Comics and the American Century, University Press of Mississippi, Jackson 2016.

FOSTER HAL, Prince Valiant Vol. 1: 1937-1938, edited by Kim Thompson, Fantagraphics Books, Seattle (WA) 2009.

GIANNI GARY, The Prince Valiant Page, Flesk Publications, Santa Cruz (CA) 2008.

GOLDBERG TODD, HORAK CLARK, A Prince Valiant Companion, Manuscript Press, Mountain Home (TN) 1992.

KANE M. BRIAN, Hal Foster: Prince of Illustrators – Father of the Adventure Strip, Vanguard Productions, Lebanon (NJ) 2001.

KANE M. BRIAN, The Definitive Prince Valiant Companion, Fantagraphics Books, Seattle (WA) 2009.

 

Per una breve biografia su Hal Foster: https://library.syr.edu/digital/guides/f/foster_hr.htm

 

Per esplorare il mondo ludico e non sviluppatosi intorno a Prince Valiant: https://www.princevaliant.org/index.html

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Written by : Redazione

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