In seguito al trionfo delle Tre Corone (Dante, Petrarca, Boccaccio) e successivamente all’avvento dell’Umanesimo, l’Italia “fiorentina” affronta una vera e propria stagione nuova e rivoluzionaria.
Nel 1469, successivamente alla morte di Cosimo de’ Medici e di suo figlio Piero, il controllo della città di Firenze passò al giovane Lorenzo de’ Medici a cui fu dato l’appellativo di Magnifico.
Dunque, Firenze si affermò come centro di intensi studi greci, oltre a divenire nota per le ricche opere d’arte e un’intensa attività letteraria .
Da un punto di vista culturale, Lorenzo dirige la città in maniera del tutto liberale e tollerante, circondandosi di uomini di cultura e favorendo un mecenatismo che permise l’espressione più alta delle arti e al contempo promosse le diverse tradizioni popolari. La sua corte divenne il centro della stessa cultura e luogo di ritrovo di artisti e poeti.
Tuttavia, è proprio in questo panorama artistico e culturale così eclettico e variegato che si formerà una figura di poeta totalmente fuori dagli schemi: Luigi Pulci.
Nato a Firenze nell’agosto del 1432 da una famiglia impoverita (la quale viveva grazie alle rendite di alcuni poderi) Pulci riuscì ugualmente a ricevere un’adeguata formazione letteraria, basata sulla conoscenza del latino e dei poeti volgari più importanti. Eppure, nonostante ciò, Luigi è conosciuto per il suo essere un personaggio estroso e burlesco, nei suoi scritti cercò di mettere in luce il deforme e il grottesco del mondo reale, arrivando anche a trattare di eresia.
Tutto ciò, però, risulta conforme anche alla sua vita stessa, segnata da agitazione e disordine ma soprattutto da continui problemi e difficoltà.
Eppure, la sua bravura di poeta e il suo eccellente ingegno si configurano tutti nella sua opera maggiore, un poema eroico in ottave (una strofa di otto versi endecasillabi con rime ABABABCC), ricco di elementi satirici, ironici e comici: il Morgante.
Difatti, nel passaggio dall’età feudale a quella comunale, soprattutto in ambienti popolari, godevano ancora di particolare rilevanza i racconti circa le avventure di cavalieri e paladini, Il genere prediletto per raccontare gesta di eroi e paladini era quello dei cantari cavallereschi, ovvero testi in ottave che richiedevano la recitazione nelle piazze da parte dei giullari o cantori che cercavano quantomeno di soddisfare le richieste del pubblico popolare e in cerca di divertimento. I giullari, dunque, riprendevano tematiche tratte dal ciclo carolingio e quello bretone, in cui a predominare erano tematiche d’amore e comiche.
Il Morgante, questo brillante e ampio poema cavalleresco, riprende il proprio titolo dal gigante protagonista di cui sono narrate le imprese stravaganti.
Alla base del poema vi era l’idea di riprendere un cantare popolaresco ovvero l’Orlando e cambiarne le sembianze: nel Morgante, Carlo Magno è ormai un vecchio rimbecillito e i suoi paladini sono uomini dal temperamento bizzarro; inoltre, l’autore inserisce nuovi episodi e personaggi, come il furfante e gigante nano Margutte (personaggio al di fuori del canone cavalleresco, il cui nome e il cui atteggiamento riprendono il farabutto Ser Ciappelletto del Decameron di Boccaccio) e il diavolo Astarotte (che incarna lo spirito giocoso e burlesco di Firenze).
La vicenda inizia nel momento in cui Orlando, paladino di Carlo Magno, sdegnato dal compagno Gano di Maganza, abbandona la corte per vagabondare in Pagania, luogo in cui incontrerà il gigante Morgante (dal cui nome è tratto il titolo dell’opera) che riuscirà a convertire al cristianesimo e che diventerà suo paladino, impegnato in avventure mirabolanti e bizarre.
I paladini (di Carlo Magno) ritratti da Pulci sono personaggi che ormai hanno perso la propria dignità eroica, divenendo elemento di burla: sono dei veri e propri buffoni-furfanti, i quali, inseriti all’interno di scene e situazioni realistiche, contribuiscono ad esaltare ulteriormente l’elemento satirico-ironico tramite il tratto linguistico (Pulci, infatti, utilizza diversi proverbi particolarmente comici).
Ciò che è rappresentato nel poema è un mondo segnato dall’eccesso e da un caos capace di distruggere eroi, credenze e tradizioni per far sì che a dominare sia la sproporzione, ed ecco il motivo per cui è un gigante ad essere protagonista.
Altro dettaglio interessante è che l’elemento cavalleresco e insieme comico, permette a Pulci di creare situazioni e scene sempre più surreali e bizzarre, permettendo al poema di essere in continua evoluzione, divenendo un insieme di situazioni diverse e dai toni variopinti.
La lingua e lo stile del Morgante, infatti, sono elementi che l’autore manipola sapientemente, perché è proprio tramite questi che si riesce a ricalcare l’ironia e la comicità dell’opera. La lingua del Morgante va oltre il tipico linguaggio letterario (rompe con gli schemi della classicità fissata da Petrarca) ed è elaborata dall’unione del parlato toscano dialettale ma ricco di modi dire e gerghi popolari.
La mescolanza linguistica e la deformazione della parola, infatti, sono i punti di forza dell’opera, insieme alla costante ricerca di eccesso provocatorio.
Questa vocazione di Pulci assumerà particolare rilevanza nel panorama letterario italiano del secolo successivo, in quanto, la non convenzionalità del poema, la capacità di uscire fuori dagli schemi della tradizione per giungere a qualcosa di fresco e innovativo sarà ciò che spingerà poeti come Folengo (creatore del maccheronico) e il francese Rabelais con il suo Gargantua e Pantagruel a seguire la scia dell’autore del Morgante.
Dunque, si deve a Luigi Pulci il merito di essere stato un poeta fuori dagli schemi, un poeta del tutto irregolare se si pensa al panorama letterario fiorentino del suo periodo; ma soprattutto, si deve a Pulci il merito di aver creato un’opera divertente, brillante e innovativa, capace di esplorare nuovi mezzi espressivi e andare oltre la tradizione delle Tre corone per creare qualcosa di unico nel suo genere!
Immacolata Sarnataro
Per approfondire
GIULIO FERRONI, Storia della letteratura italiana, Dalle origini al Quattrocento, Einaudi scuola, Milano, 1991.
BALDI G., GIUSSO S., RAZETTI Z., La letteratura, dalle origini all’età Comunale, ed. Paravia, Torino, 2006.
<<Ottava rima>> in Enciclopedia online Treccani.
<<Lorenzo de’ Medici detto il Magnifico>> in Enciclopedia online Treccani.