Quando sentiamo parlare di lingua d’oc e lingua d’öil pensiamo subito alla Francia.

Si tratta di due lingue romanze o neolatine, cioè derivate dalla varietà colloquiale del latino classico, nate dopo la dissoluzione dell’Impero Romano d’Occidente, nel 476 d.C.

Entrambe sono parlate in territorio francese ed entrambe significano “lingua del sì”.

Ma allora, che cosa le distingue? E perché hanno assunto questo nome? Te lo spiego in questo articolo!

Tale denominazione è dovuta a Dante Alighieri, noto come padre della lingua italiana non soltanto per le grandi opere letterarie che ci ha tramandato, ma anche per aver dato un notevole contributo a riflessioni linguistiche sulla lingua volgare, ritenuta ancora di basso livello e per questo non adatta ad essere utilizzata in determinati contesti, per esempio in opere letterarie.

Nel famoso De vulgari eloquentia, ne affermava infatti l’importanza in contrapposizione al latino, ritenuta lingua grammaticale o artificiale. 

Nello specifico, Dante si riferiva a tre volgari dell’Europa meridionale: la lingua del sì, cioè l’italiano, la lingua d’oc e la lingua d’öil. 

Secondo il poeta, dunque, la nostra lingua si differenzia dalle altre due per il modo di esprimere l’affermazione (sì!).

Tra l’altro, anche nella Divina Commedia ne fa riferimento. Infatti nel canto XXXIII dell’inferno si legge: «del bel paese là dove ’l sì suona», parlando dell’Italia. 

Perciò le parole oc e oïl corrispondono alla particella affermativa e significano sì.

La prima, secondo alcuni studiosi, avrebbe dato origine al moderno ok; la seconda si sarebbe evoluta in oui.

Ci sono alcuni elementi tramite cui possiamo spiegare perché vi era una così palese differenza linguistica e culturale tra Nord e Sud in Francia. 

Un ruolo importante è giocato certamente dalla frontiera naturale costituita dal Massiccio Centrale e dalla Valle della Loira, che ha influito sulla formazione di due lingue diverse.

Poi, non bisogna dimenticare l’influenza dell’occupazione romana, che ebbe luogo in fasi diverse: prima a Sud, nel 118 a.C., poi al Nord, nel 51 a.C., quando nella parte meridionale era già consolidata la cultura romana.

L’antica regione gallica divenne presto una delle aree più acculturate dell’Impero ma le nuove frontiere amministrative consolidarono la divisione preesistente.

Poi, in seguito alla dissoluzione delle strutture imperiali, la parte meridionale fu occupata dai Visigoti, poco numerosi e già romanizzati, mentre quella settentrionale fu occupata dai Franchi, che avevano avuto pochi contatti con i romani ed imposero dunque la loro cultura e la propria lingua.

Nel XII sec. la frattura diventerà anche politica: la riorganizzazione del potere statale vede contrapposti i Capetingi a Nord e i Plantageneti a Sud, fino alla crociata albigese, che segnò il passaggio definitivo del meridione alla corona francese.

Dopo aver parlato dell’origine storico-politica della notevole diversità tra due lingue così vicine, analizziamole ora singolarmente:

  • La langue d’oc, detta anche occitana, è parlata nella Francia del Sud.

Nel Medioevo, a partire dal XIII sec, si diffondono anche i termini “limosino” e “provenzale” per connotarla, in riferimento alle rispettive regioni meridionali da cui avrebbe avuto origine.

In realtà, l’occitano occupa un territorio più ampio del Limosino e della Provenza, poiché abbraccia un’area che parte da Bordeaux, attraversa il nord di Limoges e di Clemont-Ferrand e giunge a sud di Lione, fino alle Alpi. Per sintetizzare: in quasi tutta la Francia del Sud fino alla Loira.

In questi territori, gli studiosi hanno rintracciato un’antica tradizione letteraria, quella dei trovatori, i poeti della fin’amor di cui la lingua d’oc diventa un marchio di fabbrica: è l’unica utilizzata nelle loro canzoni e considerata di grande dignità letteraria.

Tra i più famosi ricordiamo Raimbaut d’Aurenga, Arnaut Daniel, Jaufrè Rudel, Guglielmo IX d’Aquitania, ma anche molte donne: le cosiddette trobairitz.

  • La langue d’öil è parlata nella Francia del Nord ed è l’antenata dell’odierno francese, che pian piano si è affermato come lingua nazionale.

Infatti, il consolidarsi del potere della monarchia francese portò alla distruzione delle corti meridionali e alla decadenza della cultura nata attorno ad esse.

Tuttavia, la poesia dei trovatori vi giunse comunque, testimoniata dalla lirica degli antichi trovieri, che operarono per primi la trasposizione della lirica provenzale, cioè quella riguardante il tema cortese, nella propria lingua.

Ricordiamo a tal proposito Chrétien de Troyes, con i famosi romanzi cortesi legati al ciclo bretone: Lancelot (o Chevalier de la charrette), il cui protagonista è uno dei cavalieri della Tavola Rotonda e amante della regina Ginevra, moglie del leggendario e britannico re Artù; Erec et Enide, storia di un valoroso cavaliere che per amore della sua Enide trascura le imprese militari; ed infine il Tristan, purtroppo perduto ma di cui abbiamo molti indizi grazie ai racconti che ad esso si sono ispirati. 

Per concludere, vi sono differenze formali e tematiche tra le due letterature? Sì.

I trovatori sono poeti che cantano d’amore, o meglio, del desiderio amoroso verso una donna solitamente irraggiungibile.

Le loro poesie sono brevi rispetto ai componimenti poetici più lunghi scritti in lingua d’öil.

Questi ultimi, invece, si distinguono in due filoni: i poemi del ciclo carolingio, che raccontano le gesta dei paladini di Carlo Magno, e quelli del già citato ciclo bretone (detto altrimenti ciclo della Tavola rotonda), in cui si narrano le vicende dei cavalieri riuniti alla corte di re Artù.

Nel primo, i temi prevalenti sono la guerra, la fedeltà al sovrano e la difesa degli ideali cristiani; nel secondo predominano l’amore, l’avventura, la magia.

 

Maria Tesoro

Per approfondire:

 

LEE CHARMAINE, GALANO SABRINA, Introduzione alla linguistica romanza, Carocci, Roma, 2007

 

DI GIROLAMO COSTANZO, I trovatori, Torino, Bollati Boringhieri, 1989

 

Enciclopedia Treccani

 

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Written by : Redazione

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