Ci sono degli argomenti della storia medievale che si fissano dentro di noi e non ci abbandonano mai più: il feudalesimo, i comuni, le signorie, la lotta per le investiture ecc. però spesso sappiamo vagamente che cosa sono e come definirli. In questo articolo vi accompagnerò a scoprire il significato dell’espressione lotta per le investiture e a districarvi nel suo contesto storico.
Partiamo con una breve definizione: il conflitto che oppose papato e impero dall’ultimo quarto dell’XI secolo fino al Concordato di Worms del 1122, è questo bene o male quello che troviamo scritto sui dizionari, le enciclopedie ecc ma non rende, ovviamente, la complessità del fenomeno.
La prima domanda che dobbiamo porci è: cosa vuol dire investitura?
Gli ecclesiastici per prendere possesso della carica vescovile, potevano essere “investiti” di essa o dall’autorità pontificia oppure laica in quest’ultimo caso, spesso, era connessa con la concessione di un beneficio feudale. Si comprende bene che questa modalità togliesse molto potere alla Chiesa e aumentando, al contempo, l’ingerenza laica, soprattutto imperiale, in affari che il papato riteneva di sua esclusiva competenza. Inoltre questo sistema favoriva, non solo, la compravendita di cariche ecclesiastiche, nota come simonia, ma più in generale la corruzione nonché l’impossibilità di un effettivo controllo da parte dell’autorità pontificia.
A questa situazione dobbiamo aggiungere la disastrosa immagine della Chiesa cattolica che si era creata, corrotta al massimo e lontana dalla vita cristiana. Ricordiamo che anche l’elezione del papa era appannaggio dei laici, per la precisione della nobiltà romana. Così nell’ XI secolo nasce un movimento di riforma, successivamente noto come riforma gregoriana da papa Gregorio VII, che aveva l’ambizione di rinnovare la Chiesa, riformare la vita religiosa, rendere migliore la moralità del clero e modificare i rapporti tra papato e impero. Quindi la lotta per le investiture è strettamente connessa con la cosiddetta riforma gregoriana sulla quale ci fermeremo un po’, ma che richiede un articolo a parte.
La riforma prese avvio dall’abbazia benedettina di Cluny, in Borgogna, a partire dal X secolo e si diffuse presso altri monasteri: coloro che lavoravano per rinnovare l’immagine della Chiesa erano quelli che avevano deciso di vivere lontano dal mondo. Questa esperienza di rinnovamento monastico nasce dal rifiuto del potere e della ricchezza e dall’esigenza di religiosità più vicina al modello della povertà evangelica. Inoltre le istanze di rinnovamento non riguardavano solo l’ambiente monastico, infatti, anche i laici portarono avanti queste richieste di un rinnovamento morale da parte dei clero domandando di partecipare più attivamente alla vita religiosa, nasce così, a Milano, quel movimento religioso noto come pataria.
Il riformismo religioso fu inizialmente osteggiato dagli imperatori ma con l’ascesa di Enrico III (1039- 1056) il movimento ebbe una grossa spinta. Il sovrano s’impegnò nella moralizzazione del clero e nel 1046 intervenne nel dirimere la controversa elezione papale che vedeva tre figure contendersi questo ruolo: li depose tutti e nominò papa un suo candidato noto come Clemente II (1005- 1047). I suoi successori furono tutti nominati dall’imperatore e tra questi ricordiamo Leone IX (1002- 1054) che avviò una campagna contro la simonia e il concubinato e pose le basi della teoria della supremazia del papato.
Una delle tappe fondamentali di questa lotta fu l’elezione al soglio pontificio di Niccolò II, sotto il suo pontificato, nel 1050, si tenne il Concilio Lateranense durante il quale il problema della riforma della Chiesa fu posto nei seguenti termini: sganciamento del papato dall’influenza dell’Impero e totale eliminazione delle ingerenze laiche nelle cose ecclesiastiche. Per dare seguito a questi due propositi si decise che l’elezione del pontefice fosse ad appannaggio esclusivo del collegio dei cardinali e si proibì di ricevere una chiesa, un feudo da un laico. Dietro a queste decisioni vi fu la pressione esercitata da diversi intellettuali ecclesiastici dell’epoca tra i quali spicca sicuramente Ildebrando di Soana che salì al soglio pontificio diversi anni più tardi, nel 1073, con il nome di Gregorio VII.
Il suo pontificato rappresenta il culmine della lotta per le investiture. Il movimento di riforma prese con lui nuovo vigore ed è per questo che si chiama riforma gregoriana, dando nuovo lustro e dignità al potere pontificio. Tutta la sua politica riformatrice la ritroviamo in un documento, molto noto, il Dictatus papae composto tra il 1075 e il 1076. In questo testo si legge fra le varie cose che: il papato è superiore a ogni altra autorità terrena, è indipendente, il papa ha autorità diretta sui vescovi e può addirittura deporre l’imperatore, ponendo così le basi per l’attività di riforma di Gregorio VII. Ovviamente tutto questo non poté passare inosservato e l’imperatore Enrico IV si oppose strenuamente a questa politica che andava a minare il suo potere. Convocò un sinodo a Worms nel gennaio 1076 durante il quale fece dichiarare dai vescovi e principi tedeschi Gregorio VII indegno della tiara.
Il papa da parte sua scomunicò Enrico IV e lo interdisse dal governo dei regni di Germania e d’Italia, l’imperatore vide vacillare il proprio trono: parecchi vescovi si allontanarono da lui, i Sassoni si ribellarono, gli stessi principi tedeschi lo sospesero dal potere. Ed è in questa situazione drammatica che si colloca il famoso episodio dell’Umiliazione di Canossa: nel gennaio del 1077 l’imperatore in veste di penitente e a piedi scalzi sarebbe rimasto in ginocchio, nella neve, per 3 giorni per ottenere il perdono papale. Senza entrare troppo nel merito della questione, gli dedicheremo un articolo a parte, la lotta per le investiture e la riforma della Chiesa furono centrali nel pontificato di Gregorio VII così come la fu il suo scontro con l’imperatore.
Lo scontro proseguì anche con i successori di Gregorio, Vittore III (1086-87) e Urbano II (1088-99), sempre contro l’imperatore Enrico IV, la lotta si attenuò soltanto durante il pontificato di Pasquale II (1099-1118). Il pontefice nel 1111 a Sutri si dichiarava disposto alla rinuncia di ogni beneficio feudale a vantaggio di vescovi e abati, in cambio di una vera libertà della Chiesa, tuttavia questo proposito non fu attuato, per via dell’opposizione dei contrastanti interessi.
La lotta per le investiture si fa finire nel 1122 con il cosiddetto Concordato di Worms. Il seguente accordo, fra l’imperatore Enrico V e papa Callisto II, prevedeva la libertà dell’elezione papale, l’esclusione dei laici dalle cose ecclesiastiche nel regno di Germania, con gli altri territori europei si presero accordi differenti, l’imperatore conservava la possibilità di influire sulle elezioni alle sedi episcopali e abbaziali, tale possibilità era esclusa invece in Italia e in Borgogna.
In conclusione la lotta per le investiture rappresenta il riconoscimento dell’autonomia papale che andò sempre poco giù agli imperatori!
Giulia Panzanelli
Per approfondire:
D’ACUNTO NICOLANGELO, La lotta per le investiture. Una rivoluzione medievale (998-1122), Carocci editore, Roma 2020
ANDRE’ VAUCHEZ, La spiritualità dell’Occidente medievale (sec. VIII- XII), Vita e pensiero, Milano 1978