Brancaleone: L’homo allo mio servizio non teme né piova né sole né foco né vento!

Mangold: Lo qvale servizio? Semo tutti allo pari!

Brancaleone: Silenzio! Io vi sono duce! E però mi dovete obbedienza e dedizione. Lo nostro cammino sarà cosparso di sudore, lacrime e sanguine. Siete voi pronti a tanto? Respondete a una voce. Siete voi pronti a morire pugnando? Noi marceremo per giorni, settimane et mesi, ma infine averemo castella, ricchezze et bianche femmine dalle grandi puppe. Taccone: ‘nnalza le insegne!

Taccone: No le tengo!

Brancaleone: Bene! E tu levale in alto! E voi, bifolchi, ponetevi all’ombra di esse, escite dalla fanga, che io farò di voi cinque un’armata…

Abacuc: Duce, semo quattro.

Brancaleone: Be’ io farò di voi quattro! Un’armata veloce et ardita che sia veltro e lione al tempo istesso!

Se cercate eroi senza macchia e paure, cavalieri dalla fulgida armatura, dalle maniere degne del miglior romanzo cortese… ecco, questo film non fa per voi.

L’armata Brancaleone, uscito nelle sale cinematografiche nell’ormai lontano 1966, vi trasporterà indietro nel tempo, a zonzo per l’Italia del XI secolo dove del sogno romantico del Medioevo non c’è traccia, ma il picaresco regna sovrano.

Non si tratta certo di un ritratto fedele di quel periodo e gli stereotipi, anche se di matrice diametralmente opposta a quella che ci regalano film dai toni fiabeschi come Ladyhawke , e decisamente più vicina a Non ci resta che piangere, abbondano anche in questa pellicola, ritenuta un classico della commedia italiana.

Il soggetto come la regia portano la firma del grande Mario Monicelli, regista anche di un’altra pellicola medievaleggiante sulla quale ci eravamo già soffermati: Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno.

Brancaleone, il protagonista di questa rocambolesca avventura, è impersonato da uno dei giganti del cinema italiano, Vittorio Gassman, o meglio, per citare Monicelli: «L’armata Brancaleone è stato scritto addosso a Vittorio Gassman, su di lui».

E l’espressività di Gassman nei panni del povero cavaliere senza denaro ma, in fondo, con un grande cuore è disarmante, favorita anche dal linguaggio latineggiante. Un italiano claudicante che, con alcune varianti, accomuna tutti i personaggi della storia.

Storia che ha inizio con una razzia da parte di un gruppo di barbari (dall’immancabile elmo con le corna) in un villaggio di poveri contadini. Un cavaliere che si trova da quelle parti viene aggredito dagli invasori e in seguito derubato dei propri beni da alcuni contadini sopravvissuti che, nella più nera miseria, non esitano di fronte alla possibilità di spogliazione del cadavere.

Di questo bottino fa parte una pergamena (incompleta dopo le traversie) che promette un ricco feudo ad Aurocastro, nelle Puglie, al cavaliere che vi si presenterà con essa e si impegnerà a «eliminare lo nero periglio che vien dallo mare, col novo vento delle primavere».

Ed è così che Brancaleone da Norcia viene coinvolto nella vicenda, dopo una ben misera figura ad un torneo nel quale il suo cavallo Aquilante, con la sua codardia, lo ricopre di vergogna; così come i suoi disastrati mezzi, la tenda fatiscente e l’armatura un’accozzaglia di metallo arrugginito.

Ci incamminiamo così con l’armata di Brancaleone. Nel nostro viaggio verso Aurocastro ritroviamo elementi classici della narrazione del lungo millennio come il flagello della peste, la partenza per le crociate di un gruppo di penitenti e moribondi (che ricorda molto la storica crociata dei poveri), i pregiudizi sugli ebrei.

O anche il giuramento del cavaliere di proteggere l’onore di una nobile fanciulla, Matelda (Catherine Spaak), che uno sfortunato amore avvicina.

Come pure l’ombra di Bisanzio in Italia, decadente e rappresentata con costumi estrosi e usi altrettanto dissoluti che culminano con la zia Teodora (Barbara Steele), dalle tendenze sadomasochiste, di Teofilatto dei Leonzi (Gian Maria Volonté), cavaliere unitosi alla compagnia dopo un duello scomposto e senza alcuno stile, ma soprattutto inconcludente, con il condottiero Brancaleone.

Non racconterò nel dettaglio le peripezie dei protagonisti, preferendo piuttosto invitarvi a gustare il rustico umorismo delle due ore che potrete passare in compagnia delle schiere di Brancaleone. Ma vi anticipo che la storia prosegue: nel 1970 infatti esce nei cinema Brancaleone alle crociate.

Non solo: Vittorio Gassman, nella sua lunghissima e ricca carriera, ha vantato anche altre commedie ambientate tra l’Età di Mezzo e il Rinascimento, che non mancherò di trattare prossimamente.

Nel mentre, una volta visto (o se già conoscevate) L’armata Brancaleone, mi permetto di darvi un piccolo suggerimento letterario: si tratta delle raccolte di racconti Zappa e Spada, edite da Acheron Books, dove potrete ritrovare, in ogni pagina, scorrazzando su e giù per la nostra penisola, lo stesso spirito goliardico.

O ancora, per chi preferisce vivere la propria  avventura, il gioco di ruolo che tanto deve a questo genere di atmosfere da rendervi omaggio già nel nome, Brancalonia, sempre dello stesso editore.

Valérie Morisi

 

Per approfondire:

 DELVINO IVANA, I film di Mario Monicelli, Gremese, Roma 2008.

MONICELLI MARIO, Il mestiere del cinema, Donzelli, Roma 2009.

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Written by : Redazione

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