Come sappiamo a stessa nascita del termine Medioevo (che ha in sé una chiara accezione polemica) ha comportato il Medievalismo (la sua ricezione in senso negativo o positivo), è stato soprattutto il Romanticismo a generare il mito aureo dell’età di mezzo, a riscoprirlo e inventarlo: un mito di lunga durata destinato a caratterizzare la società e la cultura occidentale sino ai nostri giorni. Il Medievalismo si presenta come un fenomeno peculiare che conosce a sua volta numerose declinazioni: in questo senso il Medioevo diviene, a seconda del periodo, del contesto culturale di riferimento o dei bisogni emotivi di un determinato gruppo sociale in un determinato periodo storico, modello ideale da seguire, artistico, stilistico o letterario.
Il Medioevo dantesco e boccaccesco dei Preraffaelliti
Saranno i Preraffaelliti, confraternita inglese di pittori, artisti, letterati attivi nell’Inghilterra romantica e vittoriana, a rivitalizzare e dar nuova linfa e forma all’universo poetico, letterario e personale dei tre padri della letteratura italiana. Attiva sin al primo Ventennio dell’Ottocento, questa vivace associazione di eclettici e brillanti artisti ha influenzato, attraverso la riattualizzazione, la rielaborazione e l’utilizzo di modelli stilistici, pittorici, letterari del Medioevo, la pittura romantica e di storia, il revival gotico ottocentesco, le illustrazioni art noveau, il simbolismo decadente dei primi anni del secolo scorso: da qui Pre-Raffaelliti, nome che denunciava l’intento del gruppo di ispirarsi alla pittura medievale precedente Raffaello, ritenuta modello insuperabile, per equilibrio artistico, purezza compositiva, valori etici, spiritualità religiosa, espressione di fraternità e comunità cristiana. Dante Gabriele Rossetti (1828-1882), William Morris (1834-1896), Edward Burne Jones (1833-1898), Edward Robert Hughes (1851-1914), John Everett Millais (1829-1896) e John William Waterhouse (1849-1917), sono gli eccelsi rappresentanti di questo movimento. Frutto della loro intensa attività è certamente il “ciclo” di dipinti dedicati al tema de La Belle Dame sans merci, che proprio dal Medioevo bretone, arturiano e norreno trae i suoi riferimenti e soggetti prediletti: la bella dama seducente e pericolosa, come la Morgana di Sandys (1854), oppure possente e vittoriosa come la Valchiria di Hughes (1906), la Dama senza pietà di Dicksee (1901), la Lady of Shalott di Waterhouse (1888), splendida e tragica nella sua morte similmente all’Ophelia di Millais (1852). Pure, numerosi dipinti preraffaelliti guardano all’Universo letterario italiano del Medioevo e ai valori dell’amor cortese, in particolare all’Universo dantesco: Dante Gabriele Rossetti, il cui nome evoca già connessioni con il Padre della Commedia (nasce e cresce in una famiglia di esperti dantisti), realizza due grandi schizzi in olio intitolati Il saluto di Beatrice in terra e in cielo (1859), oltre a Paolo e Francesca da Rimini (XIX sec.) e la Beata Beatrix (1872), di Waterhouse è il Dante e Beatrice (1915), mentre Henry Holiday è autore del Dante incontra Beatrice al Ponte Santa Trinità (1882-1884). Anche il Decameron di Boccaccio trova spazio fra i soggetti neomedievali dei Preraffaelliti in opere come Lorenzo e Isabella di Millais (1849), Isabella e il vaso di basilico di Hunt (1868) e, naturalmente, in A tale from the Decameron (Una novella dal Decamerone) del già citato Waterhouse (1916) sul quale si tornerà nel paragrafo conclusivo.
Il Decameron dei romantici: da Pollastrini alle riletture simboliche di John William Waterhouse
È infatti significativo osservare, nell’ambito dello studio dei medievalismi dei secoli XIX e XX, come soggetti, temi, ambientazioni, delle novelle del Decameron, magna opera di Giovanni Boccaccio, siano state fonte di ispirazione, a partire dal XIV secolo, non solo per scrittori e letterati ma anche per artisti, pittori, incisori, che hanno contribuito a decretarne, nel corso dei secoli, una fama mondiale. Già tra XIV e XVI secolo le diverse edizioni del Decameron vengono arricchite da miniature pregevoli di artisti italiani, oppure soggetti dell’opera sono rappresentati nei pannelli e nei cassoni decorati di incisori e pittori del Tardo Medioevo e del Rinascimento (si pensi al Zavattari, al Maestro di Giselda, a Domenico Morrone, o ancora al Pasellino, autore di pannelli con scene ispirate alla novella di Giselda).
Appartiene invece all’Ottocento romantico, quindi in pieno revival neomedievale, l’opera del livornese Enrico Pollastrini (1817-1876) I novellatori del Decamerone (o L’allegra brigata) del 1855, mai ultimata; dipinto dal gusto classico, raffigura i giovani novellatori attorno ad una fontana geometrica in un contesto ameno, intenti ad ascoltare la compagna di brigata; una scena serena e agreste che non lascia, però, spazio all’emotività dei personaggi. Lo stesso Pollastrini aveva già illustrato soggetti tratti da opere letterarie, come il ciclo in 32 pannelli dei Promessi Sposi (1836-1841) per l’ingegnere e collezionista franco – toscano Francesco Lardarel (1790-1858). Personalità di spicco nell’ambiente colto livornese, committente raffinato, collezionista di oggetti, preziosi e armature del Tardo Medioevo e del Rinascimento, non estraneo al gusto per i medievalismi romantici d’area italiana, Lardarel darà stimolo e impulso al revival del Medioevo artistico in Italia, commissionando all’ebanista e architetto Ferdinando Magagnini (1836) la realizzazione di un Gabinetto Gotico per il suo neoclassico Palazzo Lardarel di Livorno, opera che presenta interessanti elementi tipici del neogotico: archi acuti, bifore, inserti lignei decorati, decorazioni e mobili d’ispirazione tardomedievale.
Risalgono, invece, sempre al XIX secolo, I dieci novellatori dell’onesta brigata (1837) del litografo tedesco Franz Xaver Winterhalter, Il Decamerone di Severin Falkman (1870), il Decamerone di Raffaello Sorbi (1876), Il settimo giorno del Decameron di Paul Falconer Poole (XIX sec.), Una visione di Fiammetta del preraffaellita Rossetti (XIX sec.), Fiammetta di Cilly Molly von Oppenried (1881).
Vanno poi ricordate le xilografie di gusto art nouveau degli italiani Emilio Mantelli, Mario Mossa de Murtas, Ottaviano Governato, Edoardo del Neri per l’edizione in dieci libri del Decameron curata da Ettore Cozzani (1913-1916).
A conclusione del presente scritto va sottolineato come la già citata opera A tale from the Decameron di John William Waterhouse (1916) sia forse l’esempio più rappresentativo del medievalismo pittorico d’ispirazione boccaccesca: la sua opera, un olio su tela (101 x 105 cm) è l’ultimo esito del medievalismo simbolista di scuola preraffaellita. L’uso acceso dei colori, l’attenzione ai dettagli, l’espressività e il coinvolgimento emotivo dei giovani novellatori, sono tra le caratteristiche più evidenti, che emergono d’impatto. Colpisce poi, dell’opera, la bellezza arturiana, nordica, delle giovani novellatrici: si pensi alle varie Ginevra, Morgana, Ophelia, soggetti prediletti da Morris, Gabriele Rossetti e Mirrais, ritratte in pose seducenti, splendide nel candore della loro pelle e portamento nobiliare. Tra gli altri elementi spiccano poi l’amenità e serenità del momento, quasi un’altra dimensione spazio-temporale rispetto alla realtà quotidiana (il bosco, difatti, è intriso di simbologia di “passaggio” verso l’altro, locus amoenus ma anche di profondo cambiamento interiore, possibile traviamento, cui rimanda il dipinto); i fiori (primule, rose, nontiscordardime) simbolo romantico – e vera chiave di lettura esoterica – misterica di molte opere preraffaellite – di speranza, amore giovanile e nostalgico; l’attenzione ai dettagli (vestiario tardomedievale del novelliere e delle dame) che si richiama a modelli reali trecenteschi. La scena ritrae il novellatore del giorno intento a narrare la sua novella accompagnato da un liuto, attorniato da cinque delle sette giovani donne (tra le quali vi è la regina del giorno), che ascoltano rapite e coinvolte, e da un compagno; una delle ragazze, probabilmente Neifile (letteralmente “la nuova innamorata”), come si può dedurre dall’aspetto più candido, giovane e, se vogliamo, ingenuo rispetto alle altre dame, distrattamente raccoglie una primula, fiore che, non a caso, è simbolo di primavera, vita, rinascita e giovinezza.
Inoltre i novellatori non sono tutti presenti, ne compaiono nove su dieci; l’assenza di uno / una dei soggetti può leggersi in più chiavi di lettura: tramite questo espediente l’autore dell’opera diviene egli stesso uno dei novellatori, attivo protagonista della scena e, come Boccaccio, narra una storia su tela in cui compaiono i suoi soggetti prediletti o diviene egli stesso, similmente a chi osserva il dipinto, un membro dell’allegra brigata. Realizzato durante gli anni della Prima Guerra Mondiale, inoltre, il dipinto assume i caratteri di una critica agli orrori e alle tragedie del conflitto: non inserire un decimo soggetto, in questo senso, appare una denuncia alle tragedie e alle perdite umane della Grande Guerra che, senza distinzione, falcia giovani speranzosi e pieni di vita, vittime di una tragedia che assume sempre più i contorni di una “terra di orrore e raccapriccio”, per citare uno dei romanzi fantasy più letti al fronte, The Well at the World’s End (La Fonte ai confini del Mondo) del preraffaellita William Morris. Come i giovani del Decameron, sfuggiti alla Peste di Firenze del 1348, al riparo dai mali dell’epidemia e degli sconvolgimenti sociali portati dal Morbo Nero, così Waterhouse immagina di riparare in un’altra realtà, lontana dai mali e dagli sconvolgimenti della Guerra, una escape dalla crudele contemporaneità, nella quale possono trovare rifugio tutti coloro che si immergono nelle dolci sinfonie e nell’accogliente natura del dipinto.
In ultimo va detto come il numero nove non sia casuale; dato l’interesse dei Preraffaelliti per la simbologia esoterica, si può dedurre che tale scelta faccia riferimento tanto al messaggio salvifico cristiano (nove come multiplo di tre è espressione della Trinità e del sacrificio di Cristo per la salvezza degli uomini), quanto ai vari significati che il numero nove ha assunto nel corso dei secoli presso la cultura occidentale: completezza, cammino verso la realizzazione del sé, nuovo inizio e rinascita, una rinascita simile a quella della società fiorentina del Trecento dopo la Peste Nera, e di quella europea colpita dal Conflitto mondiale, di cui i giovani novellatori di Boccaccio, così come quelli di Waterhouse, sono espressione.
Un ritorno al Medioevo letterario tradotto nel linguaggio simbolico, allegorico e romantico dei Preraffaelliti che proprio al Medioevo guardavano con nostalgia e sentimento in un’ottica di rinnovamento, partendo dalle arti, del presente e del mondo contemporaneo; una realtà, quella dell’Inghilterra della Seconda rivoluzione industriale e del I Conflitto Mondiale, che appariva, ai loro occhi, svilita dalle fabbriche, dai mali dell’industrializzazione, dalla corsa agli armamenti, dall’abbandono e distruzione delle campagne, dall’urbanizzazione forzata, dalla nascita del proletariato e dalle morti sul fronte, il tutto nel nome di un progresso che guardava, con numerosi problemi, al futuro, ma tendeva a distruggere la tradizione, le strutture, i valori etici e spirituali del passato.
Nicolò Maggio
Per approfondire:
ARGAN GIULIO CARLO (a cura di), Il Revival, Mazzotta Editore, Milano, 1974
BORDONE RENATO, Lo specchio di Shalott. L’invenzione del Medioevo nella cultura dell’Ottocento, Liguori, Napoli 1993.
MAGGIO NICOLÒ, Medievalismi italiani: una questione nazionale, in «Materialismo Storico», n° 1/2019, pp. 218-250.
PETIOT AURÈLIE, The Pre-Raphaelites, Abbeville Press, Abbeville, 2019
FESTIVAL DEL MEDIOEVO (a cura di), C’era una volta il Medioevo. Sognato. Immaginato. Rappresentato, EFG, Collana Studi e Ricerche, Gubbio, 2020