Galvano è il cavaliere arturiano riconosciuto come massimo esempio del perfetto cavaliere, in materia di cavalleria, cortesia e umanità. Potrebbe sembrare strana questa affermazione, ma in realtà fino a quando gli autori delle storie del ciclo bretone non ebbero una preferenza verso Lancillotto, nel ruolo di cavaliere più valoroso, era proprio Galvano il primo e più forte cavaliere della Tavola Rotonda. Simbolo del sole, guerriero affascinante e dotato di poteri straordinari. Purtroppo però la sua fama crollò proprio per la sostituzione con Lancillotto, e non tutti infatti lo conoscono come personaggio bretone. Ma chi era Galvano? Prima di tutto è da ricordare che Galvano era il nipote di Artù.
Galvano, (o Gawain, Walwanus, Gauvain, Gawein, Gwalchmei, Walwein) è figlio di Re Lot di Lothian e Anna, sorella di Artù (a volte Morgana), e ha origini nordiche. A differenza di altri personaggi come Kay e Bedivere, che hanno punti di contatto molto antichi con la tradizione celtica arturiana, Galvano appartiene a uno periodo posteriore del ciclo: non viene citato infatti nelle antiche trascrizioni.
Viene nominato per la prima volta nel Gesta Rerum Anglorum di William di Malmesbury, ma appare con un ruolo importante solo nell’Historia Regum Britannie di Goffredo di Monmouth. Nel testo di Monmouth, il cavaliere è rappresentato come un valoroso guerriero che segue il suo re nel corso di diverse avventure. Nell’adattamento di Wace, Galvano ha già assunto gli aspetti cortesi e ha imparato le virtù dell’amore piuttosto che quelle della guerra, seguendo i precisi canoni dell’amor cortese della letteratura medievale. Nella Vulgata egli guida contro i sassoni una nuova generazione di cavalieri che raggiungono la corte di Artù ponendosi a difesa delle terre bretoni, mentre lo stesso Artù è impegnato in Francia con re Ban e re Bors contro re Claudas. Questa generazione di guerrieri è composta da 14 valenti figli di re. Sono Galvano e i suoi fratelli Agravain, Guerreth, Gaheret, oltre a Galescalin, Sagramor, Yvano il Grande, Yvano il Bastardo, Dodinel il Selvaggio, Yvano dalle Bianche mani, Yvano di Lionel, Kay di Estral, Kehedin il piccolo.
Nonostante sia un uomo normale (quindi non un mago o uno stregone), Galvano è dotato di un potere particolare: la sua forza varia a seconda delle ore del giorno. La mattina ha la forza di un buon cavaliere, a Terza (le 9:00) la forza raddoppia, a mezzogiorno quadruplica, per poi tornare normale. A Nona (le 15:00) la forza torna a crescere fino a mezzanotte. Proprio a causa di questo suo potere, Galvano viene indicato come simbolo del Sole, dal quale subisce la crescita vertiginosa e il conseguente tramonto. Si racconta perciò che in battaglia Galvano è un cavaliere eccezionale e temibile, in grado di diventare un avversario letale per qualsiasi altro cavaliere. Solo Lancillotto, che lo supererà in forza, gli toglierà la vita. In battaglia Galvano brandisce un’ascia, simbolo di potenza e forza bruta, ma in alcuni racconti utilizza Excalibur, ed è stato ipotizzato che ne fosse il vero proprietario.
Sarà Chrétien de Troyes a conferire a Galvano un ruolo di maggiore rilevanza, dandogli la funzione di amico dell’eroe e di modello di aspirazione per i giovani cavalieri. Galvano sarà molto amato soprattutto dagli scrittori inglesi, ad eccezione di Sir Thomas Malory, che rifacendosi a fonti francesi non risparmierà nel mettere in scena un Galvano non così valoroso e da prendere come esempio. Secondo gli ultimi racconti della materia di Britannia, Galvano finirà i suoi giorni nella guerra fratricida scatenata dopo la scoperta della relazione fra Lancillotto e Ginevra.
Martina Michelangeli x Medievaleggiando