Dopo aver dedicato diversi articoli alla prassi dottrinale, gerarchica e alle radici del catarismo, è arrivato il momento di sviscerare la storia di questo movimento ereticale. Quando s’inizia a parlare di catari? Quali erano le maggiori aree d’influenza? In questo e nei prossimi articoli proverò a rispondere a queste domande.
Tradizionalmente, si fissa la “scoperta” del catarismo al 1144, quando il monaco Evervino di Steinfeld scrive una lettera a Bernardo di Clairvaux per informarlo sui fatti avvenuti a Colonia. La città era divenuta il campo di una disputa tra due gruppi di eretici: uno identificato con i catari; l’altro denominato con il termine generico di patarinico-evangelico. Questi ultimi, una volta condotti dinanzi al vescovo, per paura di conseguenze gravi rientrarono tra le fila della Chiesa. Mentre i rappresentanti del catarismo non cedettero, anzi sostennero la loro fede: si aiutarono con le parole del Nuovo Testamento e anche messi alle strette non abiurarono. Alla fine, il popolo, più intollerante, li mise al rogo. Questi eretici si consideravano i soli veri seguaci di Cristo poiché ne mettevano in atto gli insegnamenti con la loro vita errabonda e la mancanza di qualsiasi bene materiale, contrapponendosi nettamente al clero cattolico possessore di beni.
Il monaco Evervino ci riporta anche le loro prescrizioni alimentari: si astenevano da latte e latticini, da tutto ciò che nasce da un’unione sessuale, dalla carne e dalle uova. Condannavano il matrimonio e sostenevano inoltre di non avere il battesimo fatto con l’acqua ma quello di Gesù in Spirito Santo e fuoco, successivamente noto come consolamentum, ovvero l’imposizione delle mani. Altro sacramento sarebbe l’eucarestia, ma Evervino cadde in errore interpretandolo come la consacrazione eucaristica: in realtà si trattava di un rito di benedizione del pane non dissimile da una ripetizione dell’ultima cena, in cui il Pater noster sostituiva le parole dette da Cristo nel momento di spezzare il pane. Bernardo di Clairvaux rispose con un gruppo di sermoni a commento del Cantico dei Cantici, ripetendo e discutendo le notizie riportategli da Evervino.
Nel 1145 Bernardo di Clairvaux guidò una missione di predicazione nella Francia meridionale. A Tolosa trovò una situazione disperata a causa della predicazione del monaco Enrico ( del quale vi parlerò prossimamente). Oltre a lui era presente un gruppo di eretici che facevano il mestiere di tessitori, chiamati arriani, che lo appoggiavano nelle sue idee. Grazie alla sua eloquenza, san Bernardo prevalse e l’ortodossia regnò a Tolosa, almeno per qualche tempo. Questi arriani pare negassero la divinità di Cristo, ma non si è certi se fossero catari o meno. Fatto sta che, successivamente, il termine passò a indicare i catari. Riguardo sempre la predicazione di Bernardo in Francia rimane leggendario l’episodio che avvenne nel villaggio di Verfeil. Qui guarì il figlio di un eretico, ma da un altro venne rimproverato perché aveva un mulo troppo pasciuto, così il santo si calò il cappuccio per mostrare il suo collo smagrito da digiuni e privazioni.
Queste furono le prime testimonianze e i primi tentativi di combattere l’eresia catara. Ma dove prese piede l’eresia? Il catarismo si diffuse nelle zone più attive sia economicamente che culturalmente dell’Europa del XII secolo: il Sud e il Nord della Francia, la Spagna orientale, l’Italia centro-settentrionale, la Borgogna, la Fiandra, la Renania. I catari si inserirono in un contesto dinamico nel quale fornirono un’alternativa religiosa a gruppi e individui già spontaneamente alla ricerca di autonome identità .
Il catarismo si radicalizzò particolarmente nella Francia del Sud. Non a caso i catari erano chiamati anche albigesi, dalla città di Albi dove pare fossero numerosi; e non a caso di nuovo in questa regione si svolse la tristemente nota crociata
Sono documentati, poi, rapporti frequenti tra il catarismo italiano e quello francese. Contatti strettissimi, tanto che nel 1167 ebbe luogo il concilio eretico di Saint-Félix-de-Caraman, nelle vicinanze di Tolosa. All’assemblea parteciparono vescovi catari da tutta la Francia e dall’Italia, si discusse sia dell’organizzazione delle diocesi che di questioni dottrinali. Queste ultime erano causate dall’arrivo del pop Niceta che, accompagnato da alcuni perfetti italiani, importò in Occidente il dualismo radicale. Ebbe un ragguardevole successo, riuscendo a persuadere parte dei catari occidentali ad abbracciare il nuovo dualismo, l’ordo di Dragovitsa, con la conseguente creazione delle diocesi che accettarono questa nuova dottrina.
Concludo così questo articolo e vi do appuntamento al prossimo, nel quale inizierò a illustrare il fenomeno del catarismo francese e i prodromi della tristemente nota crociata contro gli albigesi.
Giulia Panzanelli
Per approfondire:
GAROFANI BARBARA, Le eresie medievali, Carocci, Roma 2009
LAMBERT MALCOLM, I Catari, Piemme, Casale Monferrato 2001
MANSELLI RAOUL, L’eresia del male, FuoriLinea edizioni, Monterotondo 2020