Siamo abituati a pensare all’Inquisizione come a un’istituzione repressiva e omicida ben organizzata, dotata di un meccanismo ben oliato, ma questa immagine appartiene, con i dovuti distinguo, alla fine del Medioevo, al Cinquecento e al Seicento. L’Inquisizione medievale non ha molto a che vedere con quella spagnola né tanto meno con il Tribunale del Sant’Uffizio. In questo articolo vi farò una breve panoramica di questa tanto temuta istituzione, per fare un po’ di chiarezza.

Alla fine del XII secolo la diffusione dell’eresia era diventata un serio problema per la Chiesa di Roma, soprattutto nella Francia del sud catari e valdesi riscuotevano molto successo. Non che mancasse un controllo: era compito dei vescovi vigilare sul loro gregge, ma essendo questi troppo invischiati nelle questioni politiche dei loro territori, mancavano di tempo e volontà nella ricerca degli eretici.

Fino a Innocenzo III la situazione era in stallo, ma il papa capì di avere una possibilità di successo contro gli eretici quando gli giunse voce che un uomo utilizzava lo stesso tipo di retorica, ovviamente di contenuto diverso, nel sud della Francia: sto parlando di San Domenico di Guzman. La nascita dei domenicani e dei francescani, i cosiddetti ordini mendicanti, fu un toccasana per il papato che stava perdendo consensi. I due ordini facendo apostolato attivo riuscirono a far breccia nei secolari, ormai scontenti della gerarchia ecclesiastica, grazie alla loro capacità di vivere secondo il Vangelo. Fra il 1231 e il 1233 papa Gregorio IX istituì l’Inquisizione papale affidandone la gestione non ai vescovi, bensì ai domenicani e francescani, sia per le ragioni elencate sopra sia perché non avevano legami con le istituzioni locali dato che dipendevano da un unico capo che a sua volta rispondeva solo al papa.

Dopo una fase iniziale, con la decretale Ad extirpanda emanata da Innocenzo IV (1252) l’Inquisizione fu dotata di una precisa definizione sul piano organizzativo e giuridico. Il papa legittimò l’uso della tortura negli interrogatori e impose la redazione per iscritto degli atti processuali; deliberò, inoltre, la creazione di un consiglio di supporto all’Inquisizione di dodici uomini, eletti sia dal vescovo sia dai Mendicanti. Sempre Innocenzo IV, con la bolla Cum super inquisitione, creò alcune province inquisitoriali in Francia, Bosnia, Aragona e divise l’Italia in otto circoscrizioni, affidandone due ai domenicani e sei ai francescani. Gli inquisitori rendevano conto della loro attività solamente al papa, quindi furono liberi di muoversi autonomamente all’interno delle diocesi; per questo si vennero a creare tensioni tra clero regolare e secolare che sfociarono, talvolta, in veri e proprio scontri. 

L’inquisitore, una volta giunto nella sede a lui assegnata, inizialmente teneva un sermone di apertura nel quale dichiarava anche il tempo massimo in cui tutti coloro che avevano avuto contatti con il mondo eterodosso erano invitati a presentarsi a lui per evitare future condanne. Terminato questo tempo si procedeva con la fase istruttoria e alla convocazione dei sospettati. Questi si presentavano davanti ad un tribunale composto dall’inquisitore, dall’ordinario diocesano, da un consiglio di chierici e giurisperiti e da un numero variabile di uomini onesti, che però potevano dare un parere solo consultivo. Erano presenti anche due notai che avevano il compito di trascrivere tutto quello che avveniva negli interrogatori, tuttavia non era prevista per l’accusato la possibilità di difendersi. La procedura si chiudeva con una seduta solenne e l’ufficializzazione delle condanne; i condannati erano poi affidati al braccio secolare.

L’enunciazione delle colpe era in volgare affinché tutti potessero comprendere e apprendere le norme corrette di comportamento religioso, mentre la sentenza di condanna era pronunciata in latino. Le pene andavano dalla detenzione alla confisca dei beni, che colpiva anche i parenti o gli eredi degli eretici, alle pene pecuniarie. La libertà d’azione dell’inquisitore, che poteva facilmente abusare della sua posizione, era limitata dalla presenza di un altro confratello nonché dal consiglio, menzionato sopra. Quando, invece, qualcuno era denunciato e poi arrestato l’inquisitore gli chiedeva di indicare coloro che riteneva suoi nemici o avversari, in modo da evitare denunce di innocenti per ragioni di gelosia o crudeltà.

Concludo questa breve panoramica ricordandovi che ci sono ancora molte altre cose da raccontare e analizzare riguardo all’Inquisizione medievale, perciò vi do appuntamento alle prossime puntate!

Giulia Panzanelli

Per approfondire:

CARDINI FRANCO, MONTESANO MARINALa lunga storia dell’Inquisizione. Luci e ombre della  «leggenda nera», Città Nuova, Roma 2005

MERLO GIOVANNI GRADOContro gli eretici, Il Mulino, Bologna 1996.

PARMEGGIANI RICCARDOI consilia procedurali per l’Inquisizione medievali (1235-1330), Bononia University Press, Bologna 2011.

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Written by : Redazione

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