E fu questa pestilenza di maggior forza per ciò che essa dagli infermi di quella per lo comunicare insieme s’avventava a’ sani, non altramenti che faccia il fuoco alle cose secche o unte quando molto gli sono avvicinate. E più avanti ancora ebbe di male: ché non solamente il parlare e l’usare cogli infermi dava a’ sani infermità o cagione di comune morte, ma ancora il toccare i panni o qualunque altra cosa da quegli infermi stata tocca o adoperata pareva seco quella cotale infermità nel toccator transportare. [Giovanni Boccaccio – Decameron]
Conosciuta e temuta dall’uomo fin dall’antichità, la peste è sicuramente una delle malattie più nominate e rappresentate nelle arti. Sebbene la prima epidemia documentata risalga al VI secolo, la famosa peste di Giustiniano, di cui siamo a conoscenza grazie allo storico bizantino Procopio di Cesarea, riferimenti alla malattia sono presenti fin dai tempi dell’Antica Grecia, anche se studiosi e ricercatori sono abbastanza concordi nel ritenere che con il termine generico di peste venissero chiamate anche altre malattie, quali il vaiolo o il morbillo.
La Bibbia, l’Illiade, il Decameron, I Promessi Sposi sono solo alcuni degli esempi letterari in cui viene nominata la peste. In alcuni è un evento scatenante per la narrazione, come nel caso dell’opera di Boccaccio, in altre ha una valenza importante nello svolgersi degli eventi, ma non è mai un evento da prendere alla leggera. Soprattutto la pandemia che, originatasi in Asia nel XIV secolo, si propagò poi in Europa e flagellò i territori del Vecchio Continente per quasi tre secoli: la Peste Nera.
Anche chiamata Morte Nera, questa pandemia deriva il proprio nome dal colore che assumono le macchie ed i lividi sul corpo dei contagiati: un colore scuro, quasi nero, dovuto ad emorragie sottocutanee, colore di cui diventavano anche le estremità all’avanzare della malattia. Una morte orribile e dolorosa, che ha lasciato il segno nella Storia europea, e di cui possiamo trovare traccia in varie opere, fino ai giorni nostri.
Oltre a Boccaccio, infatti, anche Petrarca nominò spesso la Peste Nera nelle sue opere. Ed oltre alla letteratura, la pandemia offrì temi anche per la pittura e la musica, ricordiamo ad esempio la Danza macabra di Lubecca. Anche il cinema e la televisione hanno usato la peste come espediente narrativo: basti pensare a Il settimo sigillo di Bergman o al nostrano L’armata Brancaleone, in cui il gruppo di protagonisti si ritrovano a fuggire da una città preda dell’epidemia.
E giungiamo infine ai videogiochi.
Anche nella più giovane tra le forme d’arte abbiamo opere in cui la peste, o una malattia simile, viene usata come leitmotiv. Nei giochi strategici storici, come Civilization o Total War, che si basano comunque su eventi, civiltà e personaggi realmente esistiti, pur lasciando al giocatore libertà di evolversi nella maniera che preferisce, la Peste Nera viene usata dai programmatori come una minaccia non prevedibile, che colpisce il giocatore ed a cui bisogna porre rimedio prima che distrugga, o perlomeno indebolisca, la fazione che controlliamo. Un elemento narrativo, dunque, e di difficoltà, ma che non impensierisce troppo il giocatore più esperto.
Un approccio diverso, invece, è quello presente nei giochi della serie A Plague Tale. Come nel caso del Decameron, la peste non viene vista come un elemento di colore alla vicenda, ma è uno degli elementi scatenanti della narrazione e la sua minaccia è sempre presente, a gravare su protagonisti e mondo di gioco. Ambientato nella Francia del XIV secolo, durante la guerra dei cent’anni, il gioco si svolge dal punto di vista della giovane Amicia de Rune, coinvolta suo malgrado in una storia di intrighi, tradimenti e magia. E di ratti portatori di peste.
Presentati all’inizio come una minaccia quasi soprannaturale, un “qualcosa” che divora il cibo e gli animali, che infetta l’ambiente e fa ammalare le persone, ben presto faremo la conoscenza di questi animali che, come successe nel Medioevo, sono il veicolo per la diffusione della Peste Nera, e che ben presto si diffonderà nei vari luoghi che visiteremo. Una doppia minaccia, quella dei ratti e della malattia, che però può essere usata anche a vantaggio del giocatore. Il gioco, appartenente al genere delle avventure dinamiche, presenta infatti sezioni di indovinelli intervallati a parti in cui dovremmo affrontare i nemici usando il sotterfugio o l’ambiente circostante, di cui fanno parte anche i sopraccitati ratti. Una minaccia per il giocatore, ma anche per i nemici, che reagiranno alla loro presenza.
La malattia e la sua storia verranno svelati man mano nel corso della narrazione, in cui verranno inseriti anche elementi esoterici, a metà tra alchimia e magia, per quel tocco di medievalismo che non guasta mai. Da un punto di vista narrativo questo videogioco, sviluppato dallo Asobo Studio, è sicuramente degno di essere giocato, anche in vista dell’uscita del secondo capitolo, prevista in questi giorni. Dal punto di vista tecnico, invece, ci troviamo davanti ad un prodotto nella media, con molti elementi riconducibili al genere stealth, a cui appartengono anche Thief e Dishonored.
Vale la pena menzionare anche quest’ultimo. Anche i personaggi del mondo di Dishonored, pur avendo l’ambientazione una chiara matrice steampunk, seppur con contaminazioni fantasy, si trovano infatti ad avere a che fare con la peste e con i suoi portatori, i ratti, seppur qui, a differenza di A Plague Tale, il ruolo della malattia rimane principalmente come elemento narrativo.
Dario Medaglia