Come i nostri lettori avranno già capito, nonostante le immense lacune nelle fonti, condensare la storia del movimento valdese in pochi articoli non è facile, soprattutto se si vuole fornire un quadro accurato e chiaro. Nei precedenti articoli (https://medievaleggiando.it/gli-inizi-del-movimento-valdese-la-conversione-di-valdo/ https://medievaleggiando.it/da-movimento-povero-a-spietata-eresia-il-viaggio-valdese-continua/) abbiamo visto come grazie a Valdo, nella città di Lione, nasca un gruppo di persone animate dalla volontà di vivere una vita vicina al modello evangelico e di come da ciò sia nata un’eresia. Oggi faremo un ulteriore passo avanti e traghetteremo il movimento valdese attraverso il XIII e il XIV secolo.
Iniziamo con un data importante: il 1215, anno in cui si tenne il più importante Concilio medievale, il IV Lateranense. Voluto da Innocenzo III (1161-1216), questo concilio vide i valdesi condannati definitivamente per eresia. Da questo momento inizia a formarsi la prassi inquisitoriale (LINK).
Un altro anno cruciale per il movimento valdese è il 1218 poiché ebbe luogo un incontro fra «ultramontani» e italici per tentare una riconciliazione. La situazione per i valdesi di entrambe le parti stava diventando critica, gli effetti del Concilio Lateranense IV iniziavano a farsi sentire e c’era bisogno di unità nel movimento. Questa unità si ottenne quando le due parti scesero a compromessi: ad esempio gli «ultramontani» sulla questione di un capo del movimento decisero, dopo la morte di Valdo, che c’era bisogno di una minima forma di organizzazione. Essi stabilirono così di adottare l’elezione annuale di rettori e proposero agli italici di eleggerli congiuntamente. Gli italici, invece, rinunciarono ad insistere sul tema delle comunità di lavoratori, avendo constatato che il lavoro aveva comportato vizi e atteggiamenti sconvenienti. La questione fondamentale che però animava la parte lombarda riguarda la disponibilità degli «ultramontani» ad accettare la sola Scrittura come autorità di fede suprema: a parole i francesi sembrano accettarla, ma non riescono ad attuare questo proposito fino in fondo. La divisione fra i due gruppi era profonda, perché alla base avevano due concezioni diverse e inconciliabili della natura del movimento. Per gli «ultramontani» si sarebbe trattato ancora di una libera fraternità di predicatori poveri e itineranti che si dedicavano alla cura delle anime all’interno della Chiesa di Roma, alla quale riconoscevano validità nonostante l’immoralità dilagante nel clero. Gli italici invece contestarono apertamente la legittimità della Chiesa romana e si organizzarono come chiesa alternativa. La documentazione inquisitoriale presenta una rigida separazione fra poveri di Lione e poveri lombardi, ma per tutto il secolo XIII sembra che i movimenti valdesi in Italia settentrionale siano stati molto numerosi, sebbene nel giro di pochi decenni si siano avvicinati a posizioni più moderate.
La situazione fra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo per i valdesi era ormai assai spinosa, ma nonostante ciò continuavano le migrazioni e le missioni di predicazione. Le valli alpine fra il Piemonte e il Delfinato sono sempre state un luogo di passaggio per i predicatori di questo movimento, ma dalla fine del XIII secolo si iniziano a trovare comunità stanziali di valdesi. Infatti, nel Trecento il numero di valdesi crebbe per via dell’aumento della pressione inquisitoriale e quelle zone offrivano un rifugio abbastanza sicuro poiché erano decisamente impervie.
L’Italia meridionale, soprattutto la Calabria e la Puglia dopo la conquista da parte di Carlo I d’Angiò, a partire dal 1266 attrasse l’immigrazione di francesi e provenzali: molto probabilmente fra questi vi erano anche dei valdesi. Sotto Carlo II lo Zoppo (1285-1309) furono chiamati dalla Lombardia tessitori italici, fra i quali vi erano probabilmente anche degli umiliati, per introdurre l’arte della lavorazione lana.
Buona parte dell’Italia quindi risultò per i valdesi una terra relativamente sicura per le loro comunità, anche se l’inquisizione non cessò di perseguitarli.
Il valdismo non si diffuse però solo fra Francia, Italia e nord della Spagna, si trovano sue tracce anche in Germania, Austria e Boemia. Fin dagli inizi del XIII secolo predicatori delle terre del nord della Francia, confinanti con l’Impero, penetrarono in Germania; inoltre, il valdismo di lingua tedesca rimarrà legato, almeno fino alla fine del XIV secolo, a quello italico.
Dal XIV secolo fino all’adesione alla Riforma protestante il valdismo si configura come un movimento clandestino, caratterizzato da un mimetismo protettivo che portò i predicatori, ancora pieni di slancio missionario, ad assumere il ruolo di modesti mercanti e gli i praticanti a seguire quasi tutte le prescrizioni della Chiesa cattolica per poter vivere in tranquillità e sicurezza; di notte si svolgeva invece la “vita valdese”.
Quindi a fine Duecento i valdesi entrano in clandestinità in tutta Europa, sono costretti a vivere una doppia vita: una diurna dove continuano a comportarsi come buoni cattolici, andando a messa la domenica e ricevendo i sacramenti dai sacerdoti e una notturna dove incontrano i loro predicatori, che sotto le mentite spoglie di mercanti, viaggiano per raggiungere i loro adepti e portare la parola del Vangelo e della Bibbia. Questa doppia vita è vero che rese meno identificabile i valdesi, ma fece anche sì che gli inquisitori fossero ancora più guardinghi nei confronti di coloro che interrogavano. Inoltre il fatto di celebrare i loro riti di notte portò questi eretici ad essere accusati anche di stregoneria, accusa che a inizio Trecento iniziava a farsi strada. La clandestinità portò anche, necessariamente, alla costruzione di un gerarchia, cosa che Valdo aveva sempre evitato poiché l’obiettivo primario dei valdesi era la sola predicazione del Vangelo. Questa condizione, però, non era vissuta come definitiva ma come una fase di passaggio in attesa del tempo in cui il messaggio del Vangelo sarebbe stato accolto favorevolmente.
A dar nuova vita a un movimento ormai ridotto dal nicodemismo senza identità, fu il contatto con la Boemia ussita, ma per scoprire come finisce la storia del valdismo medievale dovrete attendere il prossimo articolo.
Giulia Panzanelli
Per continuare la storia sui valdesi leggi anche:
– Gli inizi del movimento valdese: la “conversione” di Valdo
– Da movimento povero a spietata eresia: il viaggio valdese continua
– Una nuova vita per l’eresia valdese: l’adesione alla Riforma protestante
Per approfondire:
MERLO GIOVANNI GRADO, Identità valdesi nella storia e nella storiografia. Studi e discussioni, Claudiana, Torino 1991.
MOLNAR AMEDEO, Storia dei valdesi. Dalle origini all’adesione alla Riforma, vol. I, Claudiana, Torino 1974.