Cari amici medievaleggianti, eccoci di nuovo qui con la nostra rubrica dedicata al Medioevo Disney: dopo aver analizzato i primi tre classici a tema medievale (Biancaneve e i sette nani, La Bella Addormentata nel Bosco e La Spada nella Roccia), è arrivato finalmente il turno di uno dei classici più amati di casa Disney: Robin Hood.
Sul personaggio di Robin Hood se ne è detto di ogni e anche noi abbiamo avuto la possibilità di analizzare questa figura da diversi punti di vista, partendo da quello storico, agli anime, al lato cinematografico con i lungometraggi del 1992 e 2010. E nonostante tutto, troppe cose ancora ci sarebbero da dire!
Oggi però non siamo qui per analizzare la dibattuta figura storica di Robin Hood ma per parlare dell’interpretazione della leggenda da parte della Walt Disney Company, che ha realizzato un cartone animato amatissimo da almeno tre generazioni.
Robin Hood, ventunesimo classico Disney, esce nelle sale cinematografiche nel lontano 1973 a firma di Wolfgang Reitherman, già regista, dieci anni prima, de La Spada nella Roccia. La storia che ci viene raccontata è incentrata su Robin che insieme all’amico Little John cerca di aiutare i meno abbienti gabbando lo sciocco Principe Giovanni, sempre in compagnia del suo consigliere Sir Biss e spalleggiato dallo spietato sceriffo di Nottingham. Immancabile la bella Marion che, dopo tanto trambusto, corona il suo sogno d’amore con il fuorilegge grazie al supporto degli altri personaggi ed alla benedizione del re Riccardo Cuor di Leone. Ma non è tanto la trama, di per sé molto bella e dolce, che ci colpisce come prima cosa, quanto il fatto che tutti i personaggi siano animali antropomorfi!
Infatti Robin e Marion sono delle volpi, Little John è un orso, il Principe Giovanni è un leone, lo sceriffo di Nottingham è un lupo e così via. Una scelta quanto mai curiosa per trasporre la storia del fuorilegge più amato di tutti i tempi e tra poco scopriremo il perché!
Prima di addentrarci nei retroscena della realizzazione, partiamo da una piccola chicca. Robin Hood, se vi ricordate bene, inizia come tutti i classici Disney a tema medievaleggiante: con un codice miniato. Sicuramente meno curato degli altri, sia nella grafica che nel lettering, riesce però nella sua funzione, quella di trasportarci nel Medioevo delle fiabe, delle storie e delle leggende.
Tutto ha inizio nel più classico dei modi, con il codice miniato, per l’appunto, e l’incipit della storia, grazie al quale scopriamo che molto tempo fa il buon re Riccardo è partito per la Crociata in Terra Santa, lasciando così la possibilità all’avido fratello Giovanni la possibilità di usurparne il trono.
E’ in questo contesto desolato che risalta la storia di Robin Hood, unica speranza del popolo. Amato fuorilegge, anche in questa versione rimane famoso per il motto “Rubare ai ricchi per dare ai poveri”. Abile poi l’espediente del menestrello Cantagallo che ci spiega che della storia di Robin esistono tante versioni e quella che vedremo è quanto successo nel loro mondo animale, nella magica cornice della foresta di Sherwood.
L’idea di creare una versione per ragazzi della storia di Robin prese forma decenni prima, quando era ancora in vita Walt Disney. Il genio dell’animazione già durante la realizzazione di Biancaneve rimase molto colpito dalla storia della volpe Reynard (in italiano e francese “Renart”), tanto da volerla riadattare per portarla sul grande schermo. Questa simpatica volpe era stata protagonista, già nel Medioevo, di diversi racconti scritti con un chiaro intento parodico. La prima traccia la troviamo intorno al XII secolo con la raccolta “Le Roman de Renart”, dove un gruppo di animali si comportano in maniera antropomorfa e stravolgono così i topos letterari legati all’epica e al comportamento cavalleresco. La versione più famosa è forse la traduzione in inglese da parte del tipografo William Caxton che nel 1481 dà vita a “The History of Reynard the Fox”, ad oggi ristampata più volte.
Di tutta la serie di racconti, Disney rimase colpito dalla storia che presentava al lettore un reame completamente governato da animali: un Re leone, avido e malvagio, la scaltra volpe Reynard e altre bestie come il Gatto, un’altra Volpe, un Orso, un Coniglio, un Lupo e un Ariete. (Se ci facciamo caso sono tutti animali che appaiono nel cartone del ‘73). In questa storia, il Re ordina di catturare Reynard che riuscirà però a farla franca in diverse occasioni grazie alla sua astuzia.
La storia, ovviamente, era troppo cruda per essere prodotta e rivolta ad un pubblico giovane. Così bisognò aspettare decenni per vedere finalmente la volpe Reynard sullo schermo… trasformata in Robin Hood! Questa metamorfosi del personaggio la si deve a Ken Anderson, membro dell’originario team creativo di Disney.
Sicuramente una scelta di marketing ma ben riuscita, visti i risultati! Tutti i personaggi della storia di Reynard furono portati in scena con un carattere rivisitato ma senza per questo danneggiare l’atmosfera goliardica e parodica delle avventure della giovane volpe.
Cosa c’è quindi di medievale nel cartone? Anche in questo caso, tutto!
Nonostante le aspre critiche che si sono susseguite nel corso degli anni, trovo che Robin Hood sia un prodotto ben riuscito. La scelta di raccontare la storia, che come abbiamo visto ha origini medievali, attraverso gli animali ha fatto breccia nel cuore degli spettatori. Tutti noi infatti ci siamo affezionati a Robin e ai suoi amici e abbiamo riso di gusto delle disgrazie del povero Principe Giovanni. Ecco, forse è giusto lui che ci rimette perché siamo arrivati davanti ai libri di scuola ancora convinti che lui fosse un cattivone… quando non era proprio così. E soprattutto sarà stato uno shock per tutti scoprire che l’amabile Riccardo Cuor di Leone non era poi uno stinco di santo.
Ma in fondo non è poi così importante, i cartoni non servono a spiegarti la storia per com’è stata realmente ma ti aiutano ad innamorartene. Perciò propongo: ancora più cartoni medievaleggianti!
Detto questo, auguro a tutti coloro che hanno voglia di rivedersi Robin Hood buona visione! E noi ci vediamo presto con Taron e la pentola magica.
Martina Corona
Per approfondire:
BELSHAW SANDS DONALD (Edited by), The History of Reynard the Fox. Translated and Printed by William Caxton in 1481, Harvard University Press, 1960
“Cinema e Medioevo”, «Bianco e nero: rivista quadrimestrale del Centro sperimentale di cinematografia», n. 600, CARDINI FRANCO, FACCHINI RICCARDO, IACONO DAVIDE, (a cura di), Roma, Centro Sperimentale di Cinematografia; Sabinae, 2021
PUGH TISON, ARONSTEIN SUSAN, The Disney Middle Ages. A Fairy-Tale and Fantasy Past, Palgrave Macmillan, New York, 2012
Sul Medioevo Disney:
- La Spada nella Roccia
- La Bella addormentata nel Bosco
- I luoghi de “La Bella e la Bestia”, tra fantasia e realtà
- Biancaneve e i sette nani
- Neuschwanstein: il castello che ispirò Disney
- The Walt Disney Company: dalla morte di Walt Disney ai giorni nostri
- The Walt Disney Company: dalla nascita alla morte di Walt Disney
- Introduzione al Medioevo Disney